Pensioni a quota 103? "Se il malato è grave serve una medicina più pesante"
"I ritardi della riforma - dichiara il Segretario Anis Vagnini - hanno acuito i problemi". Gli industriali propongono il trasferimento ai fondi previdenziali degli avanzi dei fondi 'assegni familiari' e 'malattia'.
Sulla bozza di riforma delle pensioni, illustrata mercoledì scorso dal Segretario di Stato Ciavatta, abbiamo sentito anche il parere dell'Anis che punta a chiudere entro l'anno.
Anche gli industriali, così come i sindacati, ritengono che la riforma delle pensioni dovrebbe essere affrontata nel quadro di un piano generale, che includa le altre riforme strutturali, necessarie per la sostenibilità dei conti pubblici e lo sviluppo del paese. Fatta questa premessa “Siamo disponibili – spiega il Segretario Anis, William Vagnini – a ragionare sulla bozza presentata, anche perché è stato precisato che è un documento aperto”. Sull'ipotesi, di portare quota 100 a quota 103, Vagnini osserva che i tanti rinvii della riforma hanno acuito il problema della sostenibilità dei fondi e “se il malato è più grave serve una medicina più pesante”. “Trattenere più persone più a lungo in attività, significa pagare meno pensioni e incassare più contributi. Anche se è vero – prosegue – che avere una forza lavoro più anziana ha possibili effetti negativi”.
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Una delle proposte che nel merito l'Anis ribadirà nel prossimo incontro, già fissato per il 29 luglio, è di ridurre la contribuzione per i fondi 'assegni famigliari' e 'malattia', che sono in attivo, per destinare la differenza ai fondi pensione che, senza alcun intervento, sono destinati ad erodere in circa 10 anni l'attuale riserva di 430-450 milioni (Tutti investiti nelle banche sammarinesi in prodotti finanziari a basso rischio con scadenza 6/12 mesi). Per Vagnini la riforma, ad ogni modo, non può non riguardare anche il secondo pilastro. Va inoltre migliorato il tasso di sostituzione per le nuove generazioni ed è fondamentale rendere l'economia sammarinese più attrattiva per gli investitori, soprattutto in settori innovativi. Di conseguenza si aumenterebbe l'occupazione e il rapporto pensionati/lavoratori tornerebbe a livelli più accettabili: “oggi – fa notare Vagnini - è di 1 a 2,2/ 2,3, 10 anni fa era di 1 a 4”.
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