Piano di valorizzazione del commercio: governo e associazioni a confronto

Piano di valorizzazione del commercio: governo e associazioni a confronto.
E’ l’articolo 1 della riforma del commercio, approvata nel novembre 2005, a prevedere il piano di valorizzazione: doveva entrare in vigore entro un anno, dunque governo e associazioni di categoria hanno riaperto il tavolo per tentare di stringere i tempi. C’è molto da fare: le linee guida prevedono nuove norme, le vie tematiche, la valorizzazione dell’artigianato artistico, un uso più consono dello spazio pubblico, in una parola: riqualificare. “Il settore deve tornare ad essere appetibile – fa notare Marco Arzilli, presidente dell’Unione Commercianti – per troppo tempo abbiamo sofferto la concorrenza della Pubblica Amministrazione e così è venuto a mancare il ricambio generazionale”. Anche l’associazione consumatori è intervenuta per predicare regole chiare sui prezzi, non solo dei prodotti di consumo quotidiani, ma su tutta una serie di servizi in cui vive un vero sottobosco di tariffe non identificabili, dai prodotti bancari ai servizi sanitari privati. “L’osservatorio prezzi non è mai stato istituito – fa notare Gianluigi Giardinieri, presidente dell’Asdico – invece serve un organismo che esegua monitoraggi continui”. Si è tornato a parlare anche della San Marino card, che potrebbe servire anche a dimezzare la monofase sugli acquisti ed essere usata per una molteplicità di servizi, compresi parcheggi e musei, non solo acquisti nei negozi. E non si è esclusa la possibilità di liberalizzare i flussi turistici anche se, avverte Marco Arzilli, “ciò vorrebbe dire cambiare la gestione dei parcheggi e rivedere tutta la segnaletica. Ad una soluzione simile ci si arriva con una serie di progetti collaterali, altrimenti meglio stare fermi”. Infine, una curiosità: sempre l’Asdico ha chiesto che i negozi, specie del centro storico, siano identificabili tramite insegne o adesivi ben visibili sulle vetrine: alcune attività sono infatti del tutto anonime, e in caso di reclami, come è già avvenuto, l’acquirente non è stato in grado di identificare il negozio. L’Usc tranquillizza: “Ci stiamo arrivando – conclude Arzilli –: già le nuove attività, come le armerie, non nascono se non con una chiara denominazione”.

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