La riforma dei sistemi pensionistici è una delle più grandi sfide del secolo. Lo ricorda l’Ocse, che punta il dito sui “molti Governi che preferiscono ignorare questo richiamo, sperando di rinviare le soluzioni a dopo le prossime elezioni politiche”. Tre i punti critici sotto esame: l’aumento delle aspettative di vita, l’età di pensionamento, il livello delle pensioni percepite. Cosa fare? Innanzi tutto lavorare più a lungo e ridurre le prestazioni passando dal retributivo al contributivo. Sicuramente, sottolinea Massimo Rossini, il sistema pensionistico sammarinese è ora tra i più generosi e il Segretario di Stato assicura che continuerà ad essere tale. Attualmente, nei paesi industrializzati, il reddito che un lavoratore può attendersi di incassare una volta andato in pensione è il 78% in Italia e circa il 50% dell’ultimo stipendio in Francia, Islanda, Repubblica Ceca, Giappone e Norvegia. La media Ocse è del 59,9%. A San Marino, dopo 35 anni di contribuzione, è dell’85% e, in alcuni casi, addirittura superiore al 100%. “Questo sistema, sottolinea Rossini, non regge più e rischia il collasso. Ne siamo tutti consapevoli. Siamo anche convinti, prosegue, che la riforma pensionistica è una responsabilità di tutta la comunità. Vogliamo garantire i diritti acquisiti, che non si toccano, un tasso di sostituzione adeguato al nostro livello di benessere, la tenuta del sistema, la solidarietà tra le generazioni, una riforma equa, sostenibile, solidale, condivisa e partecipata”. Il Segretario di Stato ricorda di avere subito rinunciato alla ipotesi di calcolo contributivo, proposta giudicata dal sindacato preclusiva di ogni confronto, di avere rivisto e aggiustato il sistema di calcolo retributivo e di averne confermato la centralità. In accordo con le parti sociali, prosegue Rossini, abbiamo introdotto un secondo pilastro di previdenza complementare obbligatoria, a garanzia dell’equo rapporto fra stipendio e pensione, e convalidato che lo Stato continua a restare il garante in terza istanza. La bozza di legge quadro inviata alla CSU, aggiunge, afferma la gradualità dell’innalzamento all’età pensionabile a 65 anni, nell’arco di un decennio. Questa Segreteria, precisa Rossini, è sempre stata contraria a qualsiasi intervento di tipo preventivo ed è perciò contraria anche alla attestazione sulle percezioni fondate su ipotesi preconcette. Vorremmo, conclude il Segretario di Stato alla sanità, che sul tema pensioni, che tocca la responsabilità di tutti, fosse introdotto un costume in grado di trasformare l’attuale confronto da strumento di consenso o dissenso, in un organo nel quale è la costituzione di posizioni negoziate, ad essere la cosa più importante, per riaffermare il diritto/dovere di ciascuno e di tutti all’esercizio di cittadinanza attiva e democratica.
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