Quando nel 2009 Tremonti decise di imporre lo scudo fiscale la misura veniva descritta come una sorta di sanatoria per far cassa. Molti contribuenti-evasori decisero di “scudare” – solo da San Marino emersero oltre 5 miliardi di euro - nella convinzione che pagando un’aliquota del 5% sul nero detenuto all’estero, avrebbero chiuso la partita col fisco italiano, senza ulteriori conseguenze o verifiche. Ma le cose sono andate diversamente: chi ha rimpatriato o regolarizzato ora rischia un ulteriore prelievo. Dall’opposizione Pd e Idv propongono di imporre una tassa aggiuntiva del 15% che porterebbe nelle casse dello stato italiano circa 15 miliardi. La soluzione a cui starebbero lavorando alcuni parlamentari della maggioranza prevederebbe invece una aliquota tra l’1 e il 5%. C’è quindi divergenza sull’aliquota, ma non sul principio. Chi ha scudato, dovrà pagare ancora qualcosa, al fisco italiano. E se l’ha fatto da San Marino ci sono altri possibili guai all’orizzonte: la Procura di Forlì e l’Unità di Informazione Finanziaria di Bankitalia hanno avviato approfondimenti in materia di scudo fiscale concentrando l’attenzione sui rimpatri giuridici da San Marino attuati tramite società fiduciarie.
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