Lavoro, preoccupa il divario di genere: dovrebbero essere occupate almeno 3,5 milioni di donne in più
Italia fortemente in ritardo su istruzione e formazione rispetto alla media dei Paesi europei, ma nell'ultimo anno l'incremento di diplomati e laureati ha ridotto il divario.
Piccolo segnale positivo anche sulla cosiddetta generazione Neet, ossia quei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, né seguono corsi di formazione o aggiornamento professionale. L'acronimo sta per “Not in Education, Employment or Training”. Ebbene, dopo anni di crescita, la quota Neet è stabile rispetto all'anno precedente, al 26%.
Il tasso di immatricolazione dei diplomati invece diminuisce, da 49,7% passa al 49,2%, e bisognerà vedere se ciò non corrisponda all'inizio di un preoccupante progressivo allontanamento dall'università.
Aumenta il benessere economico delle famiglie: più reddito disponibile e più potere d'acquisto, il rischio di povertà ha smesso di aumentare, era 7,3% nel 2013, è sceso a 6,8% nel 2014. Nel 2013 la percentuale di persone che arrivava a fatica a fine mese era il 18,8%, ora è al 17,9%.
La quota di persone tra i 20 e i 64 anni di età occupate sale a 59,9%, anche se è solo lo 0,2% in più rispetto al 2013. E' il divario di genere a preoccupare: in Italia lavora il 69,7% degli uomini, contro il 50,3% delle donne; per colmarlo dovrebbero lavorare almeno 3 milioni e mezzo di donne in più.
Alla crisi infine si collega anche una forte contrazione degli investimenti nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale: l'Italia spende lo 0,3% del suo Pil, contro lo 0,8% della Francia e lo 0,5% della media europea.
Francesca Biliotti