11 gennaio 1999: 20 anni senza Fabrizio De André
Fu un periodo formativo per lui, in cui condusse un tipo di vita libero e spensierato che gli trasmise l'amore per gli animali e l'ambiente, che Fabrizio ricercherà per tutta la vita. Al suo ritorno a Genova creò un legame indissolubile con l'amico Paolo Villaggio, che forgiò il suo appellativo di "Faber", per la sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell, oltre per l'assonanza con il suo nome.
I suoi esordi nella musica furono nel 1964, con il brano La Canzone di Marinella, uno dei primi esempi del suo stile poetico fatto di metafore e immagini pittoriche. Fu l'inizio di una carriera che conta quattordici album realizzati in studio, più alcune canzoni pubblicate solo come singoli e poi riedite in antologie.
I testi delle sue canzoni raccontano storie di emarginati, ribelli e prostitute, e sono considerate da alcuni critici come vere e proprie poesie, tanto da essere inserite in varie antologie scolastiche di letteratura già dai primi anni settanta. Innumerevoli i pezzi degni di nota dell'artista, fra cui vogliamo ricordare Il pescatore, Bocca di rosa, Don Raffaè, La guerra di Piero, Amore che vieni amore che vai, Amico Fragile e Dolcenera.
Una carriera quarantennale, da un'artista amato in tutta Italia e che rimane uno degli esponenti di punta della Scuola Genovese che rinnovò la musica leggera italiana, assieme a Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco.
A salutarlo ai suoi funerali nel 1999 ci furono oltre diecimila persone. Fra la folla svettava la bandiera del Genoa e quella anarchica, a ricordo di un artista sempre libero da convenzioni e regole che, con le sue ballate sospese tra mito e realtà, è riuscito a rivoluzionare la musica italiana.