13 gennaio 2012: il naufragio della nave Concordia
Alle 21.30 la nave era al largo della costa del Giglio e il comandante è risalito in plancia per realizzare un qualcosa che aveva in mente dall'inizio del viaggio: la manovra dell'inchino, ossia un passaggio sottocosta per salutare con luci e segnali acustici gli abitanti del posto. In questo caso, la dedica era rivolta a Mario Palomo, comandante in pensione che Schettino ha chiamato al telefono proprio in quel frangente.
Nemmeno un quarto d'ora dopo, la Concordia ha impattato violentemente con la fiancata sinistra contro uno scoglio che ha sventrato la pancia della nave, aprendo una ferita lunga 75 m e larga 2. Il caos, nella nave regnava il buio. Poi una fase convulsa di telefonate tra la Capitaneria di Livorno e Schettino, che solo alle 22.26 ha ammesso l'esistenza di “una via d’acqua”, assicurando che non c'erano morti e feriti da segnalare. I soccorsi sono partiti ugualmente.
Dopo una sorta di ammutinamento tra gli ufficiali, il comando è affidato a Roberto Bosio che ha dato il segnale di evacuazione immediata. Scatta il panico tra la gente che si sono intanto accalcati sulle scialuppe. Attimi fatali per due turisti francesi e un marinaio che sono precipitati in mare, morendo annegati e per assideramento, le prime tre vittime di questa assurda tragedia. Mentre sono ancora in corso le operazioni di evacuazione – che termineranno alle 4.46 di mattino - il comandante della capitaneria di porto di Livorno Gregorio De Falco ha raggiunto telefonicamente Schettino. Tra i due sono intercorse tre chiamate dai toni concitati.
All'appello mancavano 27 persone, oltre alle tre vittime già accertate. I loro corpi verranno recuperati nei mesi successivi portando il bilancio complessivo a 32 morti. All'indomani del naufragio è partita la caccia ai responsabili. In cima all'elenco c'è ovviamente Schettino, per il quale è scattato l'arresto con le accuse di omicidio plurimo colposo, naufragio e abbandono di nave.