Balneari, il governo ragiona su un decreto salva-infrazioni
Dopo la pausa ferragostana subito la patata bollente delle concessioni: ci pensa il ministro Fitto
Dopo la pausa ferragostana il governo Meloni si troverà subito a dover affrontare la patata bollente delle concessioni balneari, prima di entrare nelle difficoltà di una manovra economica che non si preannuncia facile. L'Italia ha già circa 70 procedure d'infrazione europee che pendono sul suo capo, ma i balneari rischiano di fare molto rumore.
Insieme ai tassisti, sono il settore che da sempre è riuscito a indurre i governi di turno a cambiare idea, quando si trattava di modificare il loro status quo, fatto di rinnovi automatici delle concessioni di beni demaniali, ossia dello Stato. Automatismi che l'Europa non vuole più.
Dopo la serrata del 9 agosto ogni giorno arrivano lettere e comunicati di protesta per tenere alta l'attenzione sulla problematica, e intanto c'è chi esagera: a Cesenatico due imprenditori sono stati denunciati dalla guardia costiera perché avevano abusivamente allargato l'area della loro concessione, occupando un pezzo di spiaggia libera con ombrelloni e lettini.
Ma in concreto cosa vorrebbe fare il governo? A quanto pare dovrà rimetterci mano il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto, che se n'era interessato già 14 anni fa, anzitutto cercando in ogni modo di evitare lo scontro con l'Europa. Si ragiona su un nuovo decreto salva-infrazioni, sul modello di quello approvato un anno fa per chiudere una serie di infrazioni, con anche le norme per superare la questione balneari senza proroghe, ma prevedendo indennizzi e riconoscimenti degli investimenti fatti negli stabilimenti e al massimo, solo per alcuni casi specifici, lo slittamento dell'avvio delle gare per riassegnare le concessioni scadute a fine 2024.
“A Riccione abbiamo almeno 7 km di spiaggia e 130 stabilimenti circa – scrive Diego Casadei, presidente dell'associazione bagnini di Riccione – Questa rischia di essere la nostra ultima estate dopo decenni di grandi sacrifici: in molti casi – puntualizza – abbiamo gestioni storiche risalenti anche alla terza, quarta generazione. Giusto rispettare le norme europee – conclude – ma anche rispettare le persone e le loro storie”.
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