Decreto sicurezza: sindaci sul piede di guerra. Categorico Salvini: “La pacchia per qualcuno è finita. Si dimettano”
Continua il braccio di ferro tra Matteo Salvini e alcuni sindaci in rivolta contro il decreto Sicurezza. A innescare la protesta collettiva è stata la decisione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, di sospendere, fino approfondimenti, l'applicazione della legge proprio nella parte che riguarda i migranti. “Ricorrerò alla magistratura per arrivare alla Consulta” - tuona il primo cittadino che definisce il dl oltre che disumano, criminogeno, perché avendo abolito la protezione umanitaria arriva anche a vietare la residenza anagrafica, e crea condizioni in cui il legittimo diventa automaticamente illegittimo. Gli effetti pratici saranno la negazione del diritto alla salute, del diritto alla scuola per i figli". Orlando ricorda a Salvini quando lo stesso ministro, da leader della Lega, invitava i sindaci Leghisti a non applicare la legge sulle unioni civili. Irremovibile il Vicepremier confortato dal granitico dissenso di tutto il fronte leghista: "Io non mollo. Per certi sindaci è finita la pacchia. Se c'è qualcuno che non è d'accordo si dimetta” – manda a dire, rivolgendosi in particolare allo stesso Orlando e al sindaco di Napoli, De Magistris. Una fronda quella degli amministratori ribelli sempre più nutrita. “Le nuove norme ci mettono in una oggettiva difficoltà – sostiene il presidente dell'Anci Decaro - se il ministro ritiene che il mestiere di sindaco sia una pacchia siamo pronti a restituirgli, insieme alla fascia tricolore, tutti i problemi che quotidianamente siamo chiamati ad affrontare". Si schiera anche il primo cittadino di Milano: “Salvini ci ascolti e riveda il decreto” - esorta Sala. "Tutto il problema dell'immigrazione – sostiene il Sindaco di Rimini - si scaricherà sulle strade delle città, senza più alcun tipo di programma o progetto di integrazione e gestione". Per Gnassi siamo di fronte ad "una vera bomba che rischia di esplodere nelle comunità locali, altro che sicurezza. Credo - osserva - che il percorso di revisione di questo provvedimento debba adesso passare prima di ogni cosa per un tavolo di confronto tra Anci e Ministero”.
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