A nemmeno un anno dalla scoperta della maxi frode da 440 milioni di euro sui bonus introdotti per il Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà, la Procura della Repubblica di Rimini ha emesso l’avviso di conclusione indagini nei confronti di 43 indagati con la richiesta di giudizio immediato per altri 10, considerati tra i maggiori responsabili della truffa, dopo l'indagine delle fiamme gialle riminesi. Indagine che prosegue e che ha visto nuovi sequestri per altri 2,6 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi al 97% dell’ammontare della frode già recuperato.
Tra i beni oggetto di sequestro, scoperti anche conti negli istituti bancari sammarinesi, un’abitazione di pregio in centro a Rimini e altre 3 unità immobiliari, oltre a gioielli, Rolex e borse Louis Vuitton acquistati con i soldi della frode milionaria e nascosti in buona parte all’interno di alcune cassette di sicurezza nella disponibilità degli indagati, dislocate tra le province di Rimini, Roma, Brescia e Reggio Emilia.
"Il sistematico ricorso a prestanomi - si legge in una nota della Guardia di Finanza - e vari passaggi societari non ha impedito la ricostruzione delle molteplici movimentazioni di denaro e cessioni di immobili realizzate dagli indagati, che avevano pensato di spogliarsi “sulla carta” di parte del patrimonio, provento dei reati commessi cedendolo fittiziamente a familiari e a soggetti compiacenti. Ad attirare l’attenzione delle Fiamme gialle riminesi è stato, in particolare, lo stratagemma contabile ideato da uno degli indagati che, per timore di vedere sequestrato parte del suo patrimonio, aveva ceduto fittiziamente, secondo l’ipotesi investigativa, la proprietà di un suo immobile in un’azienda intestata ad un prestanome, simulando un conferimento per aumento di capitale sociale.