La questione migratoria va avanti su un doppio binario, da una parte le misure per gli sbarchi che proseguono senza sosta - stamane 230 persone sono arrivate a Crotone - e stanno mettendo a dura prova le strutture di accoglienza in Sicilia e Calabria, dall'altra le iniziative diplomatiche e legislative del governo Meloni, che si basano su accordi con i Paesi africani dai quali partono le persone, ma anche su nuovi decreti che regolano i flussi di ingresso.
Dopo i contatti delle scorse settimane con Libia, Algeria e Tunisia, Giorgia Meloni è in Etiopia. L'obiettivo è un accordo tra Roma e Addis Abeba che contribuisca alla stabilizzazione dello stato africano che è tra i Paesi beneficiari del Decreto Flussi 2022 e rappresenta uno snodo per i viaggi che attraversano le frontiere orientali verso il Sudan fino alla Libia e da lì in Italia. Nel Paese ci sono 823mila rifugiati e oltre 4,2 milioni di sfollati.
In Parlamento la Lega è al lavoro per aumentare le restrizioni contenute nel “Decreto migranti”, in esame al Senato, escludendo la possibilità di ospitare i richiedenti asilo nella rete del Sistema di accoglienza ed integrazione gestita dai Comuni, destinandoli ai centri di accoglienza governativi. Il Carroccio prevede una stretta anche alla possibilità di accedere alla protezione speciale. Il giro di vite voluto da Salvini non è pienamente condiviso da Fratelli d'Italia e Forza Italia, più sensibili alle questioni economiche.
Il Documento di Economia di Finanza, approvato dall'ultimo Consiglio dei Ministri, ha messo nero su bianco che un aumento di circa il 30% di ingressi di migranti porterebbe a una consistente riduzione del debito pubblico nei prossimi decenni. La riduzione demografica che la Penisola sta vivendo fa paura alle imprese che hanno una forte necessità di manodopera che può essere assicurata dagli immigrati. Più sensibili al pragmatismo che alla politica, le aziende chiedono che le scelte sulle politiche migratorie siano inquadrate anche nella prospettiva della crescita economica dell'Italia.