
Rabbia e dolore. Per i sogni e la vita di Sara ed Ilaria, per la responsabilità collettiva di quel numero: 18. Tanti sono dall’inizio dell’anno i femminicidi e transicidi in Italia.
In un sabato mattina di sole, nel centro di Rimini, “Non una di meno” riporta di fronte alla Prefettura voci, rabbia e sorellanza. “Il patriarcato esiste – scandiscono le giovani attiviste - viviamo in una società in cui gli uomini credono di poter possedere tutto quello che vogliono e che siano legittimati a violentarci, stuprarci, picchiarci, ucciderci”.
Parlano di femminicidi di Stato, perché dicono “viviamo in un Paese che reprime invece di educare”. Dal presidio, l'invito a non sottovalutare gesti tollerati giustificati o minimizzati, che favoriscono il contesto che esplode nel gesto di violenza. E richiamano alla responsabilità collettiva, all'esigenza di una cultura sociale: non un raptus, non un pazzo. Perché in un femminicidio non c'è nulla di imprevedibile.
Nel video l'intervista a Sara Guidi, attivista "Non Una di Meno"