Save the Children: oltre un milione di ragazze in italia rischia di rimanere senza scuola, lavoro e formazione
In Emilia-Romagna una ragazza su cinque rischia di ritrovarsi nella condizione di non studiare
Senza scuola, senza lavoro, senza formazione: un 'limbo' drammatico, accelerato dall'emergenza Covid, in cui rischiano di ritrovarsi circa 1,4 milioni di ragazze in Italia tra i 15 e i 29 anni. La denuncia arriva da 'Save the Children', che a pochi giorni dalla Giornata Mondiale dell'Infanzia e dell'Adolescenza pubblica l'XI Atlante dell'infanzia a rischio in Italia 'Con gli occhi delle bambine'. Il quadro che ne emerge è preoccupante: già prima della crisi un minore su 9 viveva in povertà assoluta, c'erano asili nido solo per il 13,2% dei bambini e la dispersione scolastica si attestava al 13,5%. Oggi il Coronavirus è un acceleratore delle diseguaglianze: bisogna intervenire subito nelle "zone rosse della povertà educativa".
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"Già prima del Covid l'ascensore sociale era fermo - spiega la dg di Save the Children Italia Daniela Fatarella - È un Paese che aveva già dimostrato di aver messo l'infanzia agli ultimi posti tra le priorità e che di fronte alla sfida sanitaria e socioeconomica stenta a cambiare strada. Se per uscire dalla crisi intende scommettere sulle donne, dovrà partire dalle bambine". È un Paese 'difficile' in particolare per le loro: nella condizione di 'neet' già è intrappolata una ragazza su 4, con picchi attorno al 40% in Sicilia e in Calabria; ma anche nei territori più virtuosi, come il Trentino-Alto Adige, le ragazze sono quasi il doppio dei ragazzi. Anche le neolaureate hanno più difficoltà a trovare lavoro: -10% contro il -8% dei maschi, che guadagnano comunque il 19% in più.
Non sono gli unici numeri da allarme rosso che si incontrano sfogliando l'Atlante, a cura di Vichi De Marchi e arricchito tra l'altro dal contributo di 7 famose scrittrici. Ne emerge un quadro di "periferie educative", causate dalla povertà su cui "s'è abbattuta la scure dell'emergenza Covid" che rischia ancor di più di allargare le diseguaglianze, se è vero che già prima della pandemia l'11,4% dei minori (1,13 milioni) si trovava in povertà assoluta; più di un minore su 5 vive in condizioni di povertà relativa, con record in Calabria (42,4%) e Sicilia (40,1%). Sullo sfondo c'è lo 'smottamento demografico': negli ultimi 10 anni abbiamo perso oltre 385 mila minori e oggi essi rappresentano il 16% del totale della popolazione. Solo nel 2019 l'Italia con poco più di 420 mila nascite ha segnato un -4,5% rispetto all'anno precedente e a fine 2020, anno della pandemia, potrebbe conoscere una ulteriore riduzione di 12 mila unità. A compensare, solo i minori stranieri che oggi sono l'11% del totale.
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Di pari passo l'aumento della povertà educativa: già il nido è un privilegio per pochi, ma anche al di fuori della scuola le opportunità di crescita culturale per i giovani sono basse: nel 2018-2019 il 48% dei minori tra i 6 e i 17 anni non leggeva neanche un libro extrascolastico all'anno. "Scuole a singhiozzo e didattica solo a distanza - afferma la direttrice dei programmi Italia-Europa di StC Raffaela Milano - stanno producendo non solo perdita di apprendimento, ma anche di motivazione. L'Atlante indica con chiarezza le 'zone rosse' della povertà minorile e della dispersione, dove è necessario intervenire subito". Gli effetti della pandemia, ora, rischiano di essere ancor più pesanti sulle femmine, nonostante dai dati dell'Atlante bambine e ragazze siano più brillanti dei loro coetanei: leggono più dei maschi e hanno performance scolastiche migliori. L'istruzione è percepita, per loro, come il principale fattore protettivo: si laureano un terzo delle giovani, a fronte di solo un quinto dei ragazzi. Nonostante questo, l'Italia ha uno dei tassi di occupazione femminile più bassi in Europa. Inoltre bambine e ragazze accumulano lacune nelle materie scientifiche già dal secondo anno della primaria. Tutti fattori che vanno a costruire il gap di genere nel numero dei neet: in Italia, le giovani in questa condizione sono il 24,3% contro il 20,2% dei maschi, rischiando entro la fine dell'anno di toccare quota 1 milione e 140 mila.
In Emilia-Romagna, secondo quanto emerge, una ragazza su cinque. il 17,8% delle giovani, contro l'11% dei coetanei maschi, rischia - entro la fine dell'anno - di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, "rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro". In regione, il 10,8% dei minori vive in condizioni di povertà relativa contro una media nazionale che si attesta al 22% Condizione che si affianca alla povertà educativa, benché l'Emilia-Romagna presenti numeri "di gran lunga migliori rispetto alla media del Paese". Nella regione più di 1 giovane su 10 (l''11,3%) abbandona la scuola prima del tempo - un dato al di sotto della media nazionale che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5% - mentre il 14,3% dei giovani rientra nell'esercito dei Neet, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale, contro il 22,2% della media italiana. Guardando agli interessi extrascolastici nel 2018-2019, in Emilia-Romagna quasi 4 minori su 10 tra i 6 e i 17 anni (37,7%) non leggevano fuori da scuola neanche un libro all'anno (contro il 48% a livello nazionale), mentre il 17,1% dei bambini o adolescenti tra i 3 e i 17 anni non praticava alcuna attività sportiva, comunque meglio, anche in questo caso, della media nazionale del 22,4%, quasi 1 su 4.
Nel video il focus sull'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia