“Troppo odio nei commenti”, il Giornale di Brescia non pubblicherà più articoli su Facebook
In un editoriale accorato, il direttore Nunzia Vallini spiega le ragioni alla base della scelta. E i lettori si dividono fra chi apprezza il coraggio della decisione e chi invece invita i giornalisti a combattere astio e insulti con la buona informazione.
Non è stata di certo una scelta facile quella del Giornale di Brescia che, forte dei suoi oltre 230mila follower, ha deciso di sospendere sine die la pubblicazione di articoli sulla propria pagina Facebook. E i numeri, per una qualsiasi azienda, non quantificano solo l'efficacia del proprio operato ma anche la possibilità di creare ricavi, quindi di poter vivere. Nel caso specifico il traffico proveniente da Fb è del 16% rispetto alle visite totali. “Troppe parole in libertà, troppi insulti, troppo astio”, scrive in un editoriale il direttore Nunzia Vallini. Un testo argomentato, sofferto, ma assolutamente convinto. Un'altra piaga dei social – rileva – è quella dei profili falsi che “si dilettano in manipolazioni neppure tanto dissimulate”. E il mezzo d'informazione, “se gli aggiornamenti di una pagina Facebook diventano - volenti o nolenti - pretesto per veicolare falsità, rabbia e frustrazioni o, peggio ancora, commenti che nulla hanno a che vedere con la pluralità delle idee”, può diventare corresponsabile.
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E così il Giornale di Brescia ha preferito chiudersi in una sorta di lockdown “contro il virus delle maleparole che non cercano il dibattito, ma la rissa. Che non informano ma demoliscono. Che non vogliono costruire nulla, tantomeno consapevolezza, e che mirano solo a delegittimare, seminare odio, rancore, razzismo”. Un fenomeno che – rimarca il direttore – si è acutizzato con la seconda ondata Covid, “nelle piazze virtuali come del resto anche in quelle fisiche”. E moderare – pratica che, è giusto sottolinearlo, richiede tempo prezioso “rubato” ad attività più propriamente giornalistiche - diventa praticamente impossibile quando si viene subissati da uno tsunami di commenti volti a “infiammare il dibattito, godere dell’algoritmo di Fb che privilegia la visibilità dei contenuti che innescano più reazioni, e approfittare della nostra piazza per diffondere messaggi diametralmente opposti al nostro sentire”. Ecco perché – spiega - “scendiamo da questa giostra, usciamo da questa piazza malsana che ci fa diventare quello che non siamo, che non siamo mai stati e che non vogliamo diventare”. In gioco – conclude il direttore Vallini - c'è lo stile di un giornale, la sua credibilità, oltre al rapporto, quello sano, con i lettori, con gli “amici veri” di una pagina, “pure loro vittime - come e con noi - di questo virus malsano che cerca nell’insulto e nella delegittimazione la sua forza”. Per il momento, dunque, il Giornale di Brescia rimane in attesa di “una generale sanificazione della parola, oltre che delle azioni, delle menti e degli spazi, reali o virtuali che siano”.
Come nel migliore dei cortocircuiti, il post su Facebook su cui si annuncia questa decisione e che rimanda all'editoriale, ha creato migliaia di reazioni fra “like”, condivisioni e commenti. Divisi, quasi equamente, fra chi, pur rammaricato, apprezza la scelta e chi invece pensa che così facendo, la si dà vinta agli odiatori seriali, ai cosiddetti “leoni da tastiera”. “Non condivido mai la scelta di scappare”, rileva un lettore; molto meglio “portare avanti con la schiena dritta il proprio lavoro”. E c'è chi chiede di continuare a pubblicare post su Facebook togliendo però la possibilità di commentare, ma Facebook - come rileva lo stesso giornale - non lo permette. Non è infatti possibile andare oltre ai filtri che escludono le parole o le espressioni più inopportune. Che corrisponde a volere spegnere un grosso incendio con un annaffiatoio.
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