Uccise la compagna: il 47enne che lavorava a San Marino, accusato anche di maltrattamenti
Il giudice teme il pericolo di reiterazione di ulteriori condotte vessatorie sia sui familiari della vittima che sul figlioletto minorenne
Il 25 giugno scorso era stato arrestato dalla polizia con l'accusa di avere ucciso la compagna nella loro abitazione di Rimini a colpi di matterello in testa e con trenta coltellate anche sul collo. Ora il riminese Simone Benedetto Vultaggio, magazziniere 47enne in un mobilificio a San Marino, oltre che dell'omicidio volontario pluriaggravato di Cristina Peroni, 33enne originaria di Roma e mamma di un bimbo di sei mesi, dovrà rispondere pure di maltrattamenti aggravati, perché perpetrati anche quando lei era incinta, commessi sulla donna dal 2021 e fino alla data della contestata uccisione. E della detenzione di una pistola, presumibilmente una calibro 22 non ancora ritrovata ma di cui la giovane aveva parlato con amici e familiari.
Contestazioni che sono costate al 47enne la notifica di una ulteriore custodia cautelare in carcere a firma del Gip Raffaella Ceccarelli per il pericolo di reiterazione di ulteriori condotte vessatorie sia sui familiari della vittima che sul figlioletto minorenne. Dal documento, l'uomo risulta indagato pure per la detenzione di 108 proiettili calibro 22 (recuperati il girono del delitto) e per avere portato fuori casa un coltello a serramanico di 19 centimetri (sequestrato nella sua auto il 7 luglio).
La donna, "inizialmente innamoratissima" del compagno, quando aveva realizzato la portata della situazione era cambiata radicalmente virando verso un atteggiamento di "paura per il figlio e per sé". Per ricostruire dopo la morte l'entità dei contestati maltrattamenti, gli investigatori hanno sentito familiari, amici della defunta e colleghi di lui; hanno raccolto le confidenze che la vittima aveva fatto attraverso i messaggi telefonici, hanno analizzato i cellulari di vittima e 47enne e hanno acquisito la relazione sulle dichiarazioni rilasciate dalla Peroni al centro anti-violenza dello sportello del Comune di Monterotondo (Roma). Il 12 febbraio la vittima aveva scritto questo messaggio a un'amica: "Se muoio mio figlio va affidato a mia mamma, nel mio telefono ci sono varie prove per il giudice: io me ne voglio andare da qui, non so come fare".
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