Assad lascia la Siria, i ribelli prendono il controllo della capitale
I ribelli siriani hanno preso il controllo della capitale, decretando la fine del regime di Bashar al-Assad dopo oltre mezzo secolo di dominio della famiglia. Le forze insorte hanno annunciato la fuga del "tiranno" Assad, mentre si moltiplicano i festeggiamenti nelle strade, accompagnati da episodi di saccheggio e atti di violenza.
Secondo fonti internazionali, Bashar al-Assad avrebbe lasciato Damasco nelle prime ore del mattino, dirigendosi verso una base russa in Siria, probabilmente con l’intenzione di raggiungere Mosca. Tuttavia, il velivolo su cui viaggiava è misteriosamente scomparso dai radar, alimentando speculazioni sulla sua sorte. La Russia ha confermato che Assad ha lasciato la Siria e si trova in una località ignota, mentre circolano voci che potrebbe cercare asilo in un paese africano.
I ribelli, guidati dalla coalizione islamista Hayat Tahrir al-Sham, hanno preso possesso delle principali istituzioni, tra cui il palazzo presidenziale, la televisione di Stato, l'aeroporto internazionale e il famigerato carcere di Sednaya, da cui sono stati liberati migliaia di prigionieri. Tra questi figurano non solo oppositori politici ma anche criminali comuni, il che ha innescato un’ondata di saccheggi e atti di vandalismo nei quartieri centrali di Damasco. La televisione di Stato, ora sotto il controllo dei ribelli, invita la popolazione a salvaguardare le proprietà pubbliche e private.
Intanto, si registra l’arrivo nella capitale del leader di Hayat Tahrir al-Sham, Abu Mohammed al-Jolani, che ha proclamato in diretta sulla televisione siriana che "il futuro è nostro". Al-Jolani, giunto in città poche ore dopo la caduta del regime, è stato accolto tra applausi e ha simbolicamente baciato la terra.
Mentre la Turchia ha dichiarato che "il governo siriano è collassato" e avviato contatti con i ribelli, l'Iran ribadisce che il futuro della Siria deve essere deciso dal suo popolo. Israele, nel frattempo, ha intensificato la propria presenza militare nel Golan e ha condotto raid aerei su una base aerea nei pressi di Damasco, colpendo depositi di armi legati a Iran ed Hezbollah.
Il primo ministro siriano Ghazi al-Jalali, dato inizialmente per arrestato dai ribelli, sembra aver mantenuto il suo incarico. Ha dichiarato il proprio impegno a garantire una transizione pacifica, auspicando l’organizzazione di libere elezioni. Il nunzio apostolico a Damasco ha riferito che i ribelli hanno incontrato i vescovi cristiani, promettendo il rispetto delle confessioni religiose. "L’augurio è che la comunità internazionale contribuisca abolendo le sanzioni che gravano sulla popolazione", ha affermato il cardinale Mario Zenari.
Dal punto di vista umanitario, l'Osservatorio siriano per i diritti umani ha contato oltre 900 morti dall'inizio dell’offensiva ribelle, inclusi 138 civili. Migliaia di rifugiati siriani in Libano si stanno dirigendo verso i valichi di confine, spinti dall’opportunità di tornare in patria dopo la caduta del regime.
Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano, ha confermato che l'ambasciatore italiano a Damasco e il personale della sede diplomatica non sono stati toccati durante una perquisizione da parte dei ribelli, che erano alla ricerca di uomini del regime. Nel frattempo, le forze speciali italiane restano in allerta per un’eventuale esfiltrazione.
Nonostante la caduta del regime, la situazione a Damasco rimane caotica. Raffiche di fucili automatici e furti hanno segnato la notte, mentre un salone del palazzo presidenziale è stato dato alle fiamme. Le forze ribelli hanno imposto un coprifuoco di 13 ore per tentare di ristabilire l’ordine.
La caduta del regime di Assad segna l'inizio di una nuova era per la Siria, ma il percorso verso la stabilità appare lungo e incerto. L’attenzione del mondo è ora rivolta a Damasco, simbolo della fine di un regime e dell’inizio di un possibile nuovo capitolo nella storia della Siria.
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