Attacchi ad impianti Saudi Aramco: danni record a produzione di petrolio
Aumentano le tensioni, nel Golfo, tra Teheran da un lato e Arabia Saudita e Stati Uniti dall'altro
Ciò che si teme ora è un'escalation dalle conseguenze imprevedibili. Ciò che sta accadendo nella Penisola arabica, tuttavia, produrrà comunque un effetto sul nostro quotidiano. Probabile, infatti, nei prossimi giorni, un robusto aumento dei prezzi dei carburanti alle stazioni di servizio. Pesanti, del resto, le perdite sui mercati azionari; mentre crescono in modo impetuoso i titoli petroliferi. Nulla di paragonabile, ovviamente, alla catastrofe umanitaria cui è andata incontro la popolazione dello Yemen, dopo l'intervento militare a guida saudita. Nel rivendicare gli attacchi con i droni di sabato, contro le maxi raffinerie, gli insorti Houthi – sostenuti dall'Iran - avevano parlato di legittima reazione “ai crimini e all'aggressione” perpetrata da Riad. Secondo Bloomberg la perdita di produzione agli impianti di Saudi Aramco – quantificata in 5,7 milioni di barili al giorno, il 5% della produzione mondiale -, rappresenta il più grande danno determinato da un singolo evento per i mercati petroliferi. Ma oltre alle ripercussioni economiche, i raid hanno riportato indietro le lancette della diplomazia, bloccando sul nascere un riavvicinamento tra Washington e Teheran, favorito dall'uscita di scena del “super falco” John Bolton. Escluso, al momento, il prospettato incontro tra Trump e Rohani, a margine dell'Assemblea Generale dell'ONU. “Non negozieremo più sotto sanzioni”, ha precisato il portavoce del governo iraniano. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, dal canto suo, ha invece accusato direttamente la Repubblica Islamica, per l'attacco. L'amministrazione statunitense ha inoltre diffuso foto satellitari, che mostrano alcuni punti di impatto, negli impianti petroliferi; sostenendo che sarebbero coerenti con raid provenienti dall'Iran o dall'Iraq. Accuse respinte categoricamente da Teheran, i cui Pasdaran – proprio oggi - hanno sequestrato nello Stretto di Hormuz una nave sospettata di contrabbandare gasolio verso gli Emirati Arabi Uniti; aggiungendo così un nuovo fronte di frizione in un quadro già carico di tensioni. Tutto ciò mentre gli yemeniti Houthi minacciano nuovi attacchi; avvertendo le compagnie petrolifere straniere, e i loro dipendenti, di “stare lontani dalle raffinerie di Abqaiq e Khurais”.