Chicago: ultimo giorno di Convention Dem; attesa per il discorso di Kamala Harris

Kermesse democratica accompagnata da continue manifestazioni pro-Gaza. Sui negoziati per una tregua nella Striscia, intanto, continua a pesare il nodo del controllo sul “corridoio Filadelfia”

Sfida per la Casa Bianca caratterizzata fino ad ora da un dibattito parso approssimativo sui contenuti. Puntato piuttosto sulla delegittimazione reciproca; nonostante il grave episodio di Butler. Fotografia delle faglie americane questa campagna elettorale; con un fronte repubblicano momentaneamente destabilizzato dal cambio in corsa in casa Dem. Per Kamala Harris – passata da un oggettivo gap di popolarità, allo status di icona liberal - sarà la serata dell'incoronazione, alla Convention di Chicago. Attesa per il discorso di accettazione della nomination; anche per avere un'idea più chiara della sua proposta politica. Ieri invece riflettori puntati sul vice Tim Walz: tassello importante del ticket presidenziale, vista la sua capacità di identificarsi con l'America profonda; interpretandone timori e aspirazioni. Per il resto l'intero pantheon democratico, alla kermesse: dai Clinton agli Obama. Un'ombra, però, su un simile apparato scenografico e narrativo: i malumori di quella parte della base che contesta il partito sul dossier mediorientale. Continui i cortei pro-Gaza all'esterno dello United Center; non sono mancati arresti. Da registrare anche un sit-in di protesta di delegati “non allineati”. Comprensibili, viste tali turbolenze, gli sforzi diplomatici dell'Amministrazione Biden. Ieri il Presidente aveva parlato al telefono con Netanyahu. Stando ai media americani quest'ultimo avrebbe mostrato la volontà di accettare compromessi nei negoziati. Ma a quanto pare non sulla questione-chiave del controllo militare del confine sud di Gaza. Blinken dal canto suo ha ipotizzato un ruolo di supervisione dello Stato Ebraico, sul “corridoio Filadelfia”; sul campo invece forze internazionali di pace con la partecipazione dell'Egitto. Alchimie diplomatiche che potrebbero non convincere Hamas: pesantemente colpita anche nelle scorse ore dalle forze dello Stato Ebraico. Stando al Washington Post Sinwar – pur interessato ad un accordo per porre fine alla guerra – starebbe temporeggiando nella speranza che l'Iran o Hezbollah attacchino Israele. Vaga, però, Teheran, su tempi e modalità dell'annunciata rappresaglia per l'assassinio di Haniyeh. Mostrano i muscoli, intanto, gli Stati Uniti; con l'arrivo nel quadrante della squadra navale guidata dalla portaerei Lincoln.

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