Cina-Emirati: “100 anni di prosperità”
A partire da settembre e per i prossimi tre anni, negli Emirati Arabi oltre 200 scuole pubbliche inseriranno nel loro curriculum l'insegnamento della lingua cinese.
E' il primo effetto della visita, appena conclusa, del principe ereditario di Abu Dhabi Mohamed bin Zayed in Cina. I colloqui con il presidente Xi Jinping, ha sottolineato lo Sceicco, sono serviti a rafforzare il legame tra Medio Oriente e Asia orientale, risalente a migliaia di anni fa, ponendo le basi di quella che è stata definita dai due capi di Stato una "road map per garantire 100 anni di prosperità ad entrambi i Paesi".
Si parte dunque dai giovani e dall'istruzione, con l'idea di formare le generazioni future, e dalla firma di 16 accordi economici.
Primo tra tutti quello tra la Dubai Emaar Properties e l'aeroporto internazionale Daxing di Pechino, per il progetto da 11 miliardi di dollari che darà vita ad un moderno quartiere intorno all'aeroporto cinese.
Secondo, e ancora più importante, l'accordo siglato tra la Abu Dhabi National Oil Company e la China National Offshore Oil Corporation, il maggiore importatore di petrolio al mondo.
La Cina è il secondo partner commerciale di Abu Dhabi con scambi bilaterali che si prevede supereranno i 58 miliardi di dollari quest’anno e oltre 70 miliardi entro il 2020, e sulla scia dell'antica via della seta, gli Emirati Arabi sono parte integrante della nuova "Belt and Road" voluta dal presidente cinese, con l'obiettivo di creare una rotta commerciale globale per collegare la Cina con il resto dell’Asia, il Golfo Arabico, il Nord Africa e l’Europa.
Ma dietro all'intesa e agli accordi tra lo Sceicco e il presidente Jinping, di certo poco graditi a Washington, c'è anche l'Iran, che ancora una volta condiziona gli equilibri mondiali: Pechino dipende dal petrolio iraniano e trovare un alleato forte nel Golfo è fondamentale. Non solo per allentare la tensione nello stretto di Hormuz, linea portata avanti fermamente dagli Emirati, ma anche per avere un piano B e garantirsi il petrolio emiratino nel caso la crisi iraniana si trasformi in guerra.