Dubai: il fenomeno sottostimato della tratta delle donne
La corrispondenza di Elisabetta Norzi
La promessa di un buon lavoro, l'indebitamento, il viaggio, la confisca del passaporto. La storia è sempre la stessa, anche qui a Dubai, dove la tratta delle donne è un fenomeno sottostimato dalle istituzioni.
I numeri della Foundation for Women and Children che gestisce l'unico Rifugio protetto per donne e bambini autorizzato a Dubai, parla di 1027 casi di donne vittime di violenza nel 2018, tra le quali appena 4 coinvolte nel traffico di esseri umani, mentre secondo il rapporto del Comitato nazionale per la lotta alla tratta i casi sarebbero 51, oltre il doppio rispetto al 2017. Eppure i consolati, soprattutto dei Paesi dell'ex Unione Sovietica, ma anche di Bangladesh, Nepal e Filippine, sono sempre affollati di donne che scappano da condizioni di sfruttamento, prive di passaporto, e in ogni comunità circolano i numeri di telefono di chi lavora nell'ombra per sostenere le vittime in cerca di aiuto.
Schiavitù domestica, con le migliaia di ragazze provenienti dal sud est asiatico e dall'Africa che lavorano per le famiglie di expat e locali, e prostituzione forzata, nel parco giochi del Middle East, come spesso viene definita questa città. Anche se la prostituzione, secondo le legge della Sharia, è vietata e punita severamente.
Quantificare il fenomeno della tratta è difficile in ogni parte del mondo. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) che nel 2018 ha raccolto dati provenienti da 142 Paesi, il traffico di esseri umani è il secondo crimine al mondo dopo il narcotraffico, mentre l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), stima in oltre 150 miliardi di dollari il profitto annuo di tratta e sfruttamento.
Il Global Slavery Index, rapporto della Walk Free Foundation, che fa rientrare nel fenomeno della “moderna schiavitù” non solo la tratta di esseri umani, ma anche i lavori forzati, la schiavitù domestica, la prostituzione forzata e il reclutamento di bambini in guerra, parla addirittura di 40,3 milioni di vittime nel mondo, delle quali ben il 71% sono donne.
Elisabetta Norzi