Per la prima volta dagli Accordi di Abramo, che nel settembre 2020 hanno normalizzato i rapporti tra le monarchie del Golfo ed Israele, e dopo l'ulteriore consolidamento delle relazioni nel corso dei sei mesi di Expo, con scambi che già superano un miliardo di dollari, i rapporti tra Abu Dhabi e Tel Aviv vacillano.
A seguito degli scontri scoppiati a Gerusalemme, il ministro degli Esteri emirartino, Abdullah bin Zayed, ha convocato l'ambasciatore israeliano Amir Hayek, primo diplomatico di Tel Aviv ad Abu Dhabi, per le azioni della polizia contro i palestinesi, ed ha invitato il suo omologo israeliano, il ministro Yair Lapid, ad allentare la tensione intorno alla Moschea di Al Aqsa, evitando di violare la santità di questo luogo di culto, il terzo più importante per i musulmani dopo La Mecca e Medina.
E mentre Reem Al Hasheemy, ministra emiratina per la Cooperazione internazionale, ha ribadito la necessità di fornire piena protezione ai fedeli, di rispettare il ruolo della Giordania come custode dei luoghi santi di Gerusalemme e di promuovere un ambiente appropriato per riaprire i negoziati che portino all'istituzione di uno Stato palestinese indipendente, è arrivata una dichiarazione congiunta dal Comitato ministeriale arabo sulla questione palestinese.
"L'escalation israeliana a Gerusalemme minaccia di innescare un ciclo di violenze che mette in pericolo la sicurezza nella regione e nel mondo", si legge nel documento, pubblicato dopo l'incontro d'emergenza che si è svolo in Giordania in questi giorni, tra i ministri di Emirati Arabi, Arabia Saudita, Territori palestinesi, Egitto, Qatar, Marocco, Algeria e Tunisia.
Il Comitato ha invitato la comunità internazionale, in particolare il Consiglio di sicurezza dell'Onu, a "muoversi immediatamente ed efficacemente – si legge ancora nella dichiarazione - per fermare le pratiche illegali e provocatorie israeliane a Gerusalemme".
E il 5 maggio, giorno dell'indipendenza di Israele, gli Emirati Arabi, secondo la stampa israeliana, avrebbero cancellato la propria partecipazione al cosiddetto Peace Fly-by, che prevedeva il sorvolo sul Paese degli aerei delle compagnie emiratine Etihad e Wizz Air insieme a quelli israeliani. Notizia seccamente smentita da Abu Dhabi in questi ultimi giorni: le compagnie di bandiera emiratine, ha riportato l'agenzia di stampa nazionale, non hanno mai confermato la propria adesione alle celebrazioni.
Elisabetta Norzi