Emirati Arabi: si accende il dibattito intorno alla maternità
La notizia ha suscitato un inatteso ed acceso dibattito sui Social Media, quasi uno sfogo per molte donne che, in una società tradizionalista come quella emiratina, sono spesso bollate come “cattive madri” se non allattano i propri figli: la maggior parte degli interventi hanno criticato il fatto che molte mamme che non allattano, non lo fanno certo per scelta, e le campagne a sostegno dell’allattamento ad ogni costo dovrebbero essere un po’ più pacate.
Ma la questione ha sollevato soprattutto un altro problema, quello del congedo di maternità nel Paese che, per legge, dura solo 45 giorni, fatta eccezione per gli enti governativi per i quali, nel 2017, è stata emanata una norma che prolunga la maternità a tre mesi. Di fatto, però, il provvedimento riguarda solamente le donne emiratine, poiché nel Paese gli impieghi pubblici possono essere ricoperti esclusivamente da chi ha la cittadinanza. Per tutte le altre donne, invece, rimane in vigore l’attuale legge che prevede 45 giorni retribuiti, a condizione che la neo mamma abbia lavorato per lo stesso datore di lavoro per almeno un anno.
E sulla maternità una notizia importante è arrivata in questi giorni anche dalla vicina Arabia Saudita: le donne non avranno più bisogno del consenso del loro guardiano uomo per decidere in che modo partorire e per avere le informazioni mediche sulla propria gravidanza e il proprio stato di salute. La decisione fa parte del programma “Vision 2030” portato avanti dal principe ereditario Mohammed bin Salman per modernizzare il Regno e per aprire la società, e i consumi, alle donne, con l'obiettivo dichiarato di aggiungere 90 miliardi di dollari alla produzione economica del Paese.
Intanto, qui negli Emirati, nonostante due anni fa sia stato istituito un comitato ad hoc, voluto da Sheikha Manal Al Maktoum, presidentessa del Gender Balance Council, una riforma sulla legge che regoli la maternità ancora non è arrivata.
Elisabetta Norzi