Gaza: Casa Bianca indignata per il raid che ha provocato la morte di 7 volontari della WCK
Sollecitata da Biden un'indagine rapida e pubblica. Tensioni crescenti intanto con l'Iran, dopo lo strike alla sede consolare di Damasco; il Pentagono prende le distanze dall'attacco
Non è stato certo il primo episodio di questo tipo, nella Striscia, dall'inizio del conflitto. Ma questa volta ad essere colpita è stata una ong statunitense, e ciò potrebbe minare il già complesso rapporto tra Washington e lo Stato Ebraico. Eloquenti i primi feedback dalla Casa Bianca. Biden si è detto “addolorato” per quanto accaduto; accusando esplicitamente Israele di non avere fatto abbastanza per proteggere operatori umanitari e civili.
Sollecitata allora una indagine rapida e pubblica. Dall'altra parte, dopo Netanyahu, anche il Capo di stato maggiore dell'Esercito israeliano ha insistito sulla versione del tragico errore. Significativo tuttavia come pure in Paesi tradizionalmente alleati, come il Regno Unito, stia montando l'indignazione. Fra i 7 volontari uccisi nel raid, del resto, anche 3 britannici; e sui media d'oltremanica si starebbe ventilando la tesi di un attacco apparentemente “deliberato”.
Concreto, insomma, il rischio di un isolamento internazionale; visto anche il bilancio delle vittime a Gaza che continua a salire. 33.000, secondo Hamas, dall'inizio delle operazioni. E un ulteriore aggravamento parrebbe inevitabile se davvero si procedesse con la ventilata offensiva di terra su Rafah. Ciò che la moral suasion di Washington sta cercando di scongiurare. Ma in questa fase il Governo Netanyahu pare refrattario ad ogni pressione: sia interna che esterna. Il Pentagono ha fatto sapere di non aver ricevuto alcun preavviso, da Israele, riguardo allo strike su Damasco contro obiettivi di altissimo profilo dei Pasdaran.
Possibile prologo di una catastrofica escalation, vista anche l'inevitabile reazione di Teheran: durissima, seppure ad oggi limitata al piano retorico. “Gli Stati Uniti non sono coinvolti” - ha detto la portavoce del Dipartimento della Difesa -, e “non supportano gli attacchi alle strutture diplomatiche”. Sembrerebbe aggravarsi in questi giorni anche la situazione al confine libanese; Tsahal ha attribuito ad Hezbollah la responsabilità dell'esplosione che aveva portato al ferimento – il 30 marzo scorso – di 4 osservatori ONU. Opposta la versione che venne comunicata il giorno stesso da fonti di Beirut. I media libanesi denunciano intanto l'utilizzo di bombe al fosforo – da parte di Israele – in attacchi a ridosso della linea di demarcazione fra i due Paesi.
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