“Siamo obbligati a riportare indietro gli ostaggi”. Così il premier israeliano Netanyahu, nel primo anniversario della strage del 7 ottobre ad opera di Hamas: 1400 le vittime di quel giorno, 250 le persone rapite. Da lì comincia tutto: la guerra a Gaza e l'attuale tensione in tutto il Medio Oriente.
Nel luogo del Festival musicale Nova, dove sono state uccisi almeno in 370, una folla dà il via alle cerimonie di commemorazione, blindate, con un minuto di silenzio. Sono le 6.30: orario in cui iniziò il blitz. “Se il mondo vuole la pace – afferma il presidente Herzog prendendo la parola – deve sostenere Tel Aviv”. Nello stesso momento jet israeliani colpiscono lanciarazzi e tunnel in tutta la Striscia. Una serie di attacchi su Beirut, nelle ore precedenti, provoca 12 vittime.
Hezbollah risponde con lancio di razzi, che l’Idf non riesce a intercettare. Intanto arriva la notizia della morte di un altro ostaggio del 7 ottobre, Idan Shtivi di 28 anni. “Non ci arrenderemo finché i rapiti non saranno liberi – promette il presidente Usa Biden -. Il 7 ottobre è un giorno buio anche per i palestinesi, che soffrono a causa di un conflitto scatenato da Hamas. Non smetteremo di lavorare – conclude – per raggiungere il cessate il fuoco”. In un anno ammontano a quasi 18 miliardi di dollari gli aiuti militari di Washington verso Tel Aviv. Le vittime palestinesi invece, secondo il ministero della Salute gestito dai miliziani, sono 41.909. I feriti più di 97mila.