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Difficile stabilire dove finisca la verità ed inizi la propaganda, nella ridda di news che si susseguono in questa fase potenzialmente pre-negoziale. Al centro dell'attenzione quella che potrebbe essere una delle residue carte, per Kiev, ad un eventuale tavolo delle trattative: ciò che resta della testa di ponte di Kursk. Dove era stato riferito di un dispiegamento di migliaia di truppe nordcoreane; fonti statunitensi ed ucraine parlano ora di un ritiro dal fronte, dopo gravi perdite. Opinioni che “distorcono la realtà”, ha tagliato corto il Cremlino.
Prive al momento di conferme indipendenti anche le gravi accuse di Mosca a 5 militari ucraini. Si è parlato di violenze sessuali e dell'uccisione di civili in un villaggio occupato. A pieno regime, in questi giorni, la macchina della comunicazione russa.
Anche gettando benzina su un tema che già agita l'altro fronte: l'ipotetico abbassamento a 18 anni dell'età della coscrizione; alla luce delle ormai strutturali difficoltà nel reclutamento e della situazione critica in alcuni settori chiave del Donbass. Indicazioni in tal senso sarebbero già venute dalla ex amministrazione Biden. Da qui l'interesse di Mosca a creare faglie in campo avverso; insistendo sulla narrazione della guerra per procura a spese del popolo ucraino. E poi il macro-tema dei rapporti con l'attuale inquilino della Casa Bianca, alternando aperture a messaggi di warning.
Mal digerita, a quanto pare, l'annunciata volontà di Trump di intensificare la difesa missilistica nazionale; progetto ritenuto destabilizzante degli equilibri di deterrenza, e paragonato alle “Guerre stellari” di Reagan. Proteiforme, insomma, la dialettica con Washington; seguita con estrema attenzione dai Paesi UE, visti gli effetti prodotti dal conflitto russo-ucraino. Esplicitamente favorevoli ad un appeasement i leader di Ungheria e Slovacchia. Dichiarazioni dirompenti, nelle scorse ore, da parte di Fico; che aveva già parlato di un tentativo di colpo di Stato sullo sfondo delle manifestazioni antigovernative. Ad organizzare le proteste, a suo avviso – insieme all'opposizione slovacca – la Legione georgiana, gestita dai servizi segreti ucraini.