Israele: blocco totale degli spostamenti in vista della Pasqua
La corrispondenza di Massimo Caviglia
Da martedì fino a venerdì è stato deciso in Israele il blocco totale degli spostamenti a livello nazionale in vista della Pasqua. Il Paese si è trovato impreparato di fronte al virus, è preoccupato per l’aumento della mortalità e sta tentando di arginare in ogni modo la diffusione dell’epidemia. “Ma non c’è stata una risposta adeguata” ha dichiarato il professor Rotstein dell’ospedale Hadassah, in una riunione del Comitato parlamentare contro il COVID-19.
“Prima sono mancati i tamponi, poi le provette, e ora c'è carenza di reagenti, il composto chimico necessario ai test”. Vengono eseguiti solo 7.000 screening al giorno invece dei 30.000 fissati come obiettivo dal governo. Dopo che, oltre al Comandante dell’Esercito, anche il Ministro della Salute e il capo del Mossad sono rimasti in quarantena, il premier Netanyahu ha avvisato tutti i cittadini di rimanere a casa e celebrare la Pasqua in forma privata. Più in là, a crisi ultimata, ci sarà tempo per i bilanci, ma nel Paese inizia a già a serpeggiare una certa diffidenza nei confronti delle 20 tonnellate di aiuti dalla Cina, che fin dall’inizio si è comportata in modo ambiguo, prima nascondendo l’epidemia e poi non fornendo informazioni attendibili sulla gravità del virus e l’alto grado di mortalità. Infine, Omar Barghouti, fondatore della campagna palestinese BDS per il boicottaggio dei prodotti israeliani, ha dichiarato che è possibile usare le attrezzature mediche israeliane e, se Israele troverà un vaccino contro il COVID-19, sarà consentito utilizzarlo.
Massimo Caviglia