Che Israele sia coinvolto o meno nella morte per arresto cardiaco del vice comandante dell’unità di élite delle Guardie della Rivoluzione islamica, non cambierà di molto la situazione. Hejazi era l’ideatore della rete di organizzazioni filo-iraniane in Siria, responsabile del progetto missilistico in Libano con Hezbollah, e pianificatore dell'attacco terroristico alla comunità ebraica di Buenos Aires in cui morirono 85 persone; ma aveva preso parte anche alla repressione delle proteste interne, con torturati e uccisi tra i manifestanti. Oggi, ai suoi funerali, il comandante delle Guardie della Rivoluzione islamica ha dichiarato che “Israele scomparirà presto”. E ieri il presidente Rouhani ha partecipato alla parata militare dell'esercito iraniano, in cui sono stati mostrati nuovi missili balistici collegati a differenti sistemi di lancio, e dove non sono mancate le minacce di annientare Israele.
Dopo l’accordo commerciale con la Cina e la volontà del Presidente americano Biden di tornare all’accordo nucleare e revocare le sanzioni, Teheran è sempre più forte e non fa nulla per nasconderlo. L’arricchimento dell’uranio è ormai giunto al 60 percento ed è chiaro come l’Iran non intenda tornare indietro e punti ad ottenere la bomba prima della firma di un nuovo accordo con l’Europa e gli Stati Uniti. Israele ha condannato la “totale capitolazione americana” nei colloqui sul nucleare con l'Iran, anche perché le sei potenze mondiali non chiederanno a Teheran di distruggere le nuove centrifughe, ma solo di scollegarle. A Gerusalemme il rischio di un altro Olocausto non sembra affatto improbabile, e i servizi segreti israeliani, insieme all’esercito, stanno analizzando le opzioni per fermare la corsa iraniana all’atomica. Per demolire le centrali sotterranee servirebbero le bombe anti-bunker americane, ma il Presidente Biden non le fornirà mai per un attacco preventivo. E con un bombardamento convenzionale non si otterrebbe la distruzione completa delle centrali. La terza possibilità, presa in considerazione dal generale Dayan quando nel 1973 la Siria e l’Egitto stavano per vincere la Guerra del Kippur, non fu autorizzata dal premier Golda Meir e costò ad Israele grandi perdite umane. Perché il ricorso ad armi non convenzionali non lascerebbe sul campo nessun vincitore.
Massimo Caviglia
Israele: delusione per la “totale capitolazione americana” nei colloqui sul nucleare con l'Iran
La corrispondenza di Massimo Caviglia
19 apr 2021
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