Israele: il “Caesar Act” statunitense avrà ripercussioni in tutto il Medio Oriente
La corrispondenza settimanale di Massimo Caviglia
In attesa di sapere se il co-premier israeliano Gantz appoggerà la decisione del Primo Ministro Netanyahu di annettere la Valle del Giordano e alcuni insediamenti, la notizia in circolazione da qualche ora, che i diplomatici statunitensi e quelli delle Nazioni Unite siano pronti a lasciare il Libano, potrebbe avere ripercussioni in tutto il Medio Oriente. Solitamente i rappresentanti dell’ONU vanno via solo quando sta per iniziare una guerra, e il timore è che la grave situazione economica e le manifestazioni di piazza a Beirut possano portare a un’escalation militare, non solo in Libano. Il governo del premier libanese Hassan Diab è sostenuto dal gruppo militare Hezbollah e dall’Iran, ma è stato indebolito dalla crisi economica dovuta al virus. Così il “Caesar Act”, la “Legge Cesare” con la quale gli Stati Uniti stanno per sanzionare il regime siriano per i crimini di guerra contro la popolazione, colpirà non solo il presidente Assad ma anche i suoi alleati, primi fra tutti gli Hezbollah libanesi. Dopo 400 mila morti, 11 milioni di profughi e decine di ospedali, scuole e mercati bombardati in Siria anche dai Russi, Teheran e Mosca continuano a sostenere con ogni mezzo Assad nella guerra civile contro la sua popolazione. Ma ora la “Legge Cesare” – dal nome in codice del detenuto siriano che ha documentato le torture contro i civili – imporrà sanzioni a chiunque intrattenga rapporti commerciali con il governo siriano, mirando a dissuadere gli investitori stranieri dal firmare contratti con Damasco in molti settori. Anche se alcuni analisti hanno osservato che le sanzioni potrebbero demolire l'economia siriana e libanese, destabilizzando ancora di più l'intera regione. Forse, secondo un calcolo di Washington, per fare in modo che la Russia e l'Iran non possano ottenere benefici dall’espansione della propria influenza nell’area.
Massimo Caviglia