Israele: l'esplosione a Beirut e le ipotesi sulle cause
Nonostante alcuni abbiano inevitabilmente puntato il dito su Israele, l’esplosione che ha scosso Beirut sembra avere una firma diversa. Israele è sempre stato molto abile nel selezionare i suoi obiettivi, e ancora più attento nel cercare di garantire che le sue azioni non provocassero effetti collaterali. Evitare vittime civili significa non colpire persone innocenti, ma anche scongiurare spargimenti di sangue e vendette che potrebbero trasformarsi in guerre. Un errore del genere in un'operazione di questa portata non è qualcosa che Israele avrebbe avuto interesse a compiere.
Alcuni hanno sostenuto che il deposito esploso fosse di Hezbollah, ma la milizia filo-iraniana ha subito negato che fosse vero, e ha perfino escluso che si sia trattato di un attacco israeliano.
Occorre invece sottolineare che domani un tribunale internazionale pubblicherà le conclusioni del processo ai quattro sospettati di aver piazzato l'autobomba che 15 anni fa assassinò il primo ministro libanese Rafik Hariri insieme ad altre 21 persone. Tutti gli indagati sono membri del gruppo Hezbollah, che però ha negato qualsiasi ruolo nella morte del premier. Hariri si batteva per la fine dell’ingerenza siriana e iraniana in Libano, e l’omicidio favorì l’ingresso della milizia filo-iraniana nel parlamento libanese. Probabilmente la Corte incolperà Hezbollah del delitto e chiederà che vengano consegnati i responsabili della strage. L'organizzazione militare continuerà a negare le accuse, ma questa esplosione sembra il classico avvertimento a non intromettersi nelle vicende interne del Paese per evitare di destabilizzare ulteriormente il Libano e trascinarlo di nuovo nel caos.
Massimo Caviglia