Israele: le grandi manifestazioni ottengono il rinvio del voto sulla riforma della giustizia
Con il licenziamento del Ministro delle Difesa, contrario alla riforma della giustizia, la figura politica del premier israeliano Netanyahu sembra essere ad un punto di stallo. Il voto della riforma alla Knesset è stato rimandato a causa delle forti proteste: non solo migliaia di manifestanti hanno bloccato per protesta l’autostrada di Tel Aviv, e il Console israeliano a New York si è dimesso dichiarando di “non poter continuare a rappresentare questo governo”, ma anche molti esponenti del partito Likud e dell’esercito sono contrari ad una legge che sarebbe dovuta passare questa settimana, trascinando il Paese in una spaccatura che potrebbe distruggere le fondamenta dello Stato. Alti esponenti della coalizione di governo e funzionari del Likud, il partito del premier, hanno dichiarato di essere sotto choc perché Netanyahu sembra avere perso il controllo della situazione, pur di raggiungere il suo obiettivo. Il principale interesse del premier nell’indebolire il sistema giudiziario è di sottrarsi ai processi per corruzione intentati contro di lui, ma anche le altre forze politiche che fanno parte della coalizione di maggioranza hanno i loro motivi. I partiti ultraortodossi vogliono uno Stato più religioso, in contraddizione con i principi laici protetti dalla Corte Suprema. E l’estrema destra vuole accelerare la presa di alcuni insediamenti da parte dei coloni senza intralci legali. Il sindacato dei lavoratori ha indetto uno sciopero generale, e alcuni Sindaci e Presidenti di Regione hanno iniziato uno sciopero della fame davanti all’ufficio del premier chiedendogli di “fermare questa crisi istituzionale per evitare danni alla sicurezza del Paese”. Perché gli Stati e i movimenti jihadisti del Medio Oriente stanno guardando con attenzione a quanto sta accadendo, e pensano che ora Israele sia più debole.
Massimo Caviglia