Israele: le preoccupazioni di Netanyahu fra tribunali locali e internazionali
Con la prima udienza dell’anno è proseguito oggi nel Tribunale di Gerusalemme il processo al premier Netanyahu, accusato di frode, corruzione e abuso di potere per avere ricevuto regali in cambio di favori e avere offerto concessioni a un editore in cambio di una copertura mediatica positiva. Gli avvocati del Primo Ministro hanno chiesto un rinvio del dibattimento di almeno tre mesi affinché possa dedicarsi alla campagna elettorale per il voto del 23 marzo.
Nel frattempo il premier deve fronteggiare anche la decisione della Corte Penale Internazionale, la quale ha stabilito che Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza rientrano nella sua giurisdizione, aprendo la strada a decine di cause palestinesi contro Israele. Netanyahu ha detto che la Corte ha dimostrato di essere un organo politico e non giudiziario, e che il Tribunale sta ignorando i veri crimini di guerra, chiudendo gli occhi di fronte ai delitti compiuti da dittature come l’Iran e la Siria. Se la Corte Penale fosse una struttura imparziale, dovrebbe indagare prima sui crimini di Hamas e altri gruppi terroristici, partendo dal lancio di migliaia di missili contro la popolazione civile israeliana. Ma il problema rimane, perché se Israele fosse condannato dalla Corte, e se i suoi politici o soldati venissero nominati nel verdetto, potrebbero essere soggetti a mandati di arresto internazionali durante i loro viaggi all'estero.
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E anche un’altra notizia turba Netanyahu: il Presidente americano Biden intende far rientrare gli Stati Uniti nel Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, da cui l’ex Presidente Trump era uscito perché a dirigerlo erano Paesi come l’Iran, la Cina, la Russia e altri Stati dittatoriali, che emettevano risoluzioni di condanna solo contro Israele e mai contro i regimi trasgressori dei Diritti Umani. Una serie di notizie che non tranquillizzano il premier nel momento più delicato della sua vita politica.
Massimo Caviglia