Israele: non si raggiunge l'intesa per il governo Netanyahu
La corrispondenza di Massimo Caviglia
La strategia dell'ex ministro israeliano Lieberman di non appoggiare Netanyahu sembra quasi il classico “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Con la provocatoria frase rivolta al premier di aver “ceduto a Hamas e aver dato 30 milioni di dollari in cambio di 700 missili”, a due giorni dal termine fissato per formare la coalizione Lieberman ha ribadito che i 5 seggi del suo partito “non si uniranno a un governo dei religiosi guidato da Netanyahu”, e ha chiesto nuove elezioni sostenendo che non si tratta di una vendetta nei confronti del premier per aver insinuato che Israel Beitenu non avrebbe superato la soglia di sbarramento. A questo punto Netanyahu può tentare di formare un governo senza maggioranza con 60 seggi su 120 che però sarebbe in balìa dell'opposizione, oppure andare alle elezioni sperando di vedere ridotti i numeri del suo avversario. Ma Lieberman ha subito preannunciato che sarebbe lieto di partecipare alla nuova tornata elettorale insieme alla ex ministra Shaked, che non era riuscita a superare di poco la soglia di sbarramento Una loro lista otterrebbe 10 seggi alla Knesset, il doppio di quelli che il partito Israel Beitenu ha attualmente. Ma l’altro protagonista politico Gantz ha un altro programma e si oppone allo scioglimento delle Camere chiedendo al presidente Rivlin di dare al suo partito la possibilità di creare una coalizione di governo.
In attesa di un colpo di scena mercoledì, sono da segnalare almeno due eventi positivi. Alla luce delle tensioni fra Stati Uniti e Iran, alcuni ufficiali libanesi hanno informato Israele che il loro Paese non sarà una base per una risposta missilistica iraniana tramite Hezbollah se scoppiasse la guerra tra Iran e Stati Uniti. E il presidente americano Trump ha dichiarato che non vuole un cambio di regime in Iran e che un nuovo accordo sul nucleare iraniano è possibile, grazie alla mediazione del Primo Ministro giapponese Abe.
Massimo Caviglia