Medio Oriente: dure reazioni di Iraq e Siria ai raid USA. Mosca richiede vertice in sede ONU
Nella notte l'annunciata rappresaglia di Washington, dopo l'attacco alla base al confine siro-giordano costato la vita a 3 soldati
Un susseguirsi di focolai di conflitto, questa crisi. Nell'ultima fase le avvisaglie di un confronto ad alta intensità tra gli Stati Uniti e l'intero "asse sciita". La rappresaglia più volte annunciata dalla Casa Bianca – dopo l'attacco alla base al confine siro-giordano – è infine arrivata ieri, con il calare delle tenebre. Avrebbero partecipato all'azione anche bombardieri strategici B1, decollati da oltreoceano. Colpiti, fa sapere il Pentagono, decine di obiettivi di unità d'elite iraniane - e milizie alleate - in Siria ed Iraq. Non casuale la tempistica; poche ore prima Biden aveva reso omaggio alle salme dei 3 caduti alla Torre 22.
“La nostra risposta – ha dichiarato in seguito – continuerà nei tempi e nei modi che decideremo”. Potrebbe incidere anche la campagna elettorale; alcuni sottolineano infatti come il “commander in chief” non possa mostrarsi debole o irresoluto. Il Presidente ha comunque sottolineato come Washington non intenda scivolare nel conflitto. Ma al netto delle parole quanto avvenuto potrebbe innescare un effetto domino; con la Superpotenza già accusata in modo sistematico, da Governi ostili, di praticare “doppi standard” sul rispetto della sovranità. Damasco ha puntato il dito contro l'”occupazione” di porzioni del proprio territorio. Negli strike - è stato inoltre denunciato dalle autorità siriane - sono morti anche civili.
16 le vittime in territorio irakeno, ha dichiarato dal canto suo Baghdad; che già in passato aveva sollecitato il ritiro della coalizione a guida americana. Di prammatica i comunicati di condanna di Teheran e Mosca, che ha richiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza ONU. Della partita anche Hamas - che pure aveva scoperchiato il vaso di pandora, con i massacri del 7 Ottobre -; in una nota si accusa la Casa Bianca di aver versato “benzina sul fuoco” in Medio Oriente. Sempre attiva la macchina propagandistica della fazione islamica; oscure invece le dinamiche interne. Stando al Wall Street Journal vi sarebbero spaccature riguardo all'ipotesi di accordo sugli ostaggi mediata a Parigi. I vertici di Gaza sarebbero pronti ad accettare una iniziale pausa dei combattimenti di sei settimane, per riorganizzarsi. La leadership politica all'estero, invece – Haniyeh in testa -, insisterebbe per un cessate il fuoco permanente garantito da potenze straniere. Contrasti che starebbero ritardando la risposta di Hamas alla proposta negoziale.
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