Medio Oriente: resta altissima la pressione di Israele su Hezbollah. Nuovi bombardamenti nel sud del Libano
A costante rischio escalation intanto il conflitto russo-ucraino
Massicci attacchi con droni oltreconfine. E' l'ormai sistematica risposta ucraina ai progressi tattici nemici nel Donbass; dove potrebbe decidersi la guerra. Anche la scorsa notte, allora, nugoli di munizioni circuitanti su varie regioni russe. 101 gli abbattimenti rivendicati da Mosca. Evidentemente non abbastanza; riportate infatti esplosioni in altri due depositi di munizioni, dopo la catastrofica detonazione del 18 settembre. Forse anche politico, l'obiettivo di Kiev: mostrare all'Occidente come il proprio sostegno sia tutt'altro che vano.
Gli Stati Uniti starebbero valutando l'invio di missili a medio raggio per gli F-16 ucraini. Ma è sulle armi a lunga gittata che continua a insistere Zelensky, o piuttosto sul loro utilizzo nelle profondità russe. Ancora nessun via libera da Londra e Washington, ha denunciato.
Anche il Cancelliere tedesco, peraltro, ha ribadito il proprio no. E la tempistica forse non è casuale: domani il voto nel Brandeburgo; con il rischio di una nuova Caporetto per Scholz. Che avrebbe anche posto l'accento sulla necessità di spendersi per la pace. Sebbene tutt'altri segnali fossero giunti nei giorni scorsi dall'Eurocamera;
con una risoluzione giudicata da Mosca come il possibile prologo di una guerra nucleare. Nessuna apparente traccia, però, di una simile assertività – in ambito UE -, riguardo all'altra crisi che lambisce i confini del Vecchio Continente. Tanto deteriorata la situazione in Medio Oriente, che quasi non fa più notizia l'agonia di Gaza. Riflettori piuttosto sul sud del Libano. Lanciati 25 razzi verso Israele; subito dopo la nuova ondata di bombardamenti aerei, che avrebbe colpito oggi oltre 100 obiettivi di Hezbollah. Già falcidiata dalle esplosioni a raffica di dispositivi di comunicazione; e con una catena di comando destrutturata ieri da un devastante strike alla periferia di Beirut, costato la vita fra gli altri al comandante delle forze d'élite.
C'è chi ritiene come tutto ciò possa essere il viatico di un'operazione di terra dello Stato Ebraico; per un redde rationem con ciò che resta del “Partito di Dio”. Il cui principale alleato, Teheran, sembra tuttavia non essere pronto ad un conflitto su scala regionale. E' quanto si intuisce – al netto delle consuete minacce di rappresaglia – dalle ultime dichiarazioni del Ministro degli Esteri iraniano. Israele – ha detto - “non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo di escalation”.
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