CAUCASO

Nagorno-Karabakh: combattimenti senza sosta. Cadono nel vuoto gli appelli ad una tregua

La tensione fra Yerevan e Baku, per la regione contesa a maggioranza armena, resta altissima. Vittime civili da ambo le parti

I morti, quando è trascorsa una settimana dall'inizio dei combattimenti, si contano a centinaia. E la brutta vicenda occorsa a due reporter di Le Monde conferma quanto sia rischioso testimoniare sul campo quanto sta avvenendo nel Nagorno-Karabakh. I giornalisti si trovavano nella cittadina di Martuni – nell'autoproclamata Repubblica separatista dell'Artsakh -, quando improvvisamente l'area è stata bombardata. I due hanno riportato gravi ferite e sono stati poi evacuati, dopo essere stati trasportati a Stepanakert. In quelle ore proprio la principale città, della regione contesa a maggioranza armena, veniva duramente bersagliata dalle forze azere; e il grado di devastazione è ben visibile dalle immagini diffuse dall'Agence France Presse.

Colpito, dall'altra parte del fronte, anche l'abitato azero di Terter. Vittime civili da ambo le parti, insomma, in una guerra – perché di questo ormai si tratta – che fino ad ora vede un utilizzo massiccio e terribilmente efficace dei droni. Nel mirino blindati, depositi di munizioni, fortini e la stessa fanteria separatista. Una superiorità tecnologica, quella dell'Azerbaigian, che potrebbe tradursi a breve in una significativa avanzata. Ankara – nonostante le ripetute accuse da parte armena - al momento smentisce ogni coinvolgimento militare diretto al fianco di Baku. (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});

Nei giorni scorsi, tuttavia, Emmanuel Macron aveva parlato di gruppi jihadisti usciti dal teatro siriano e transitati dalla città turca di Gaziantep per andare a combattere in Karabakh. Proprio il Presidente francese, insieme ai leader di Russia e Stati Uniti, ha chiesto poi un immediato cessate il fuoco; invitando le parti in causa a “riprendere negoziati sostanziali”. Appelli caduti nel vuoto: nella notte ancora pesanti combattimenti, con 51 soldati uccisi tra le fila separatiste. Il Presidente azero Aliyev condiziona una tregua ad un totale ritiro delle truppe armene. Quasi speculare la replica di Yerevan. Con il Premier Pashinyan che ritiene possibili i negoziati solo con l'interruzione delle ostilità da parte di Baku.

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