Paesi del Golfo: Emirati al lavoro per de-escalation
La corrispondenza settimanale di Elisabetta Norzi
A poco più di una settimana dall'uccisione del generale iraniano Soleimani, qui negli Emirati il clima è più sereno e il rischio di una guerra, che possa coinvolgere anche i Paese del Golfo, sembra per ora scongiurato.
Dopo la visita di venerdì scorso a Dubai del Segretario aggiunto americano per gli affari del Vicino Oriente, David Schenker, che ha incontrato il Ministro degli Esteri emiratino, Anwar Gargash, è stato dichiarato che Stati Uniti ed Emirati Arabi stanno collaborando alla de-escalation nella regione. Schenker ha sottolineato, nel corso di una conferenza stampa, come i due Paesi siano alla ricerca di una soluzione per ridurre la tensione, sottolineando come il Presidente americano, nel suo discorso alla Casa Bianca, mercoledì scorso, abbia usato toni concilianti. "Il Presidente - ha evidenziato Schenker - ha detto che è disposto a parlare con chiunque. Se si è seduto al tavolo con i nordcoreani, sarebbe certamente disposto a parlare con gli iraniani".
A ribadire che le possibilità di un conflitto immediato si sono in questi ultimi giorni ridotte, anche se il rischio di future tensioni è ancora elevato, sono stati diversi analisti qui negli Emirati, tra i quali la società di consulenza Control Risks, che ha sede a Dubai. In una intervista rilasciata al quotidiano The National, ha sottolineato infatti come non vedremo probabilmente uno scontro militare diretto tra americani e iraniani nelle prossime settimane o mesi, ma che ci dovremo aspettare altri attacchi di minore entità in Iraq e forse in Siria.
Decisiva, insomma, sarebbe stata la risposta non troppo aggressiva dell'Iran, che avrebbe consentito al Paese di salvare la faccia, ma di impedire un'ulteriore escalation, segno che entrambe le parti, dopo il discorso del Presidente americano, ancora una volta che non vogliono una vera e propria guerra. E in questo momento di calma, che non si sa quanto potrà durare, si attende una concreta mediazione di terze parti, per poter aprire la via del dialogo.
Elisabetta Norzi