Pechino: Washington “più grande promotore della crisi in Ucraina”
In piena escalation il conflitto in Ucraina. Nuove tensioni, intanto, tra USA e Repubblica Popolare; che sollecita un negoziato e condanna l'invio di armi
Globali gli effetti della crisi geopolitica innescata dal conflitto. Prologo, ad avviso di non pochi analisti, di un 'redde rationem' tra l'egemone globale e il suo autentico rivale strategico. Non a caso nei giorni scorsi un alto ufficiale statunitense aveva indicato nel 2025 l'anno di un possibile confronto militare tra Stati Uniti e Cina per la questione di Taiwan. Tutto sommato ambigua, fino ad ora, la postura di Pechino di fronte alla guerra in Ucraina; ma evidentemente vi è piena consapevolezza delle conseguenze di un eventuale crollo della Russia. Dito puntato allora contro l'America, definita dalla portavoce del Ministero degli Esteri “il più grande promotore della crisi”. “Dovrebbero smettere di inviare armi e raccogliere i frutti della guerra”, ha tuonato Mao Ning; chiedendo altresì alla NATO di mettere da parte la “mentalità da Guerra Fredda”. E ciò dopo la visita di Stoltenberg in Corea del Sud; nel corso della quale il Segretario dell'Alleanza Atlantica ha chiesto a Seoul – fino ad ora recalcitrante – di aumentare il proprio sostegno militare a Kiev. Il fatto che si stiano facendo pressioni anche su Paesi dell'Estremo Oriente è piuttosto indicativo di quanto sia deteriorata la situazione sul campo, per il Paese aggredito. Ufficialmente si parla di situazione difficile nel Donbass; ponendo l'accento sugli attacchi respinti, e ignorando – o ammettendo con giorni di ritardo – la caduta di insediamenti in mano russa.
Ma comparando varie fonti pare indubitabile la progressione delle forze del Cremlino; che stanno progressivamente strangolando i canali di approvvigionamento di Bakhmut. Pressione crescente anche in altri settori. Si vedrà in primavera quanto i carri armati promessi dall'Occidente siano in grado di incidere. Dossier che sta comunque contribuendo all'escalation; anche perché Kiev invoca ora nuovi sistemi d'arma, a partire dai caccia. Berlino frena. Lavrov dichiara dal canto suo come il dialogo con l'Europa non sia stato “mai abbandonato”. Mosca ha inoltre condannato l'attacco di sabato sera su un sito militare iraniano. Sibillino, sul punto, il consigliere di Zelensky. “La logica della guerra è inesorabile e omicida”, ha scritto; collegando quanto avvenuto alle forniture di droni a Mosca. Spia del nervosismo che si respira a Kiev anche l'attacco durissimo, dello stesso Podolyak, al CIO, che starebbe valutando le modalità di competizione degli atleti russi alle Olimpiadi di Parigi.
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