L'Eurocamera non è in vendita - tuona la Presidente del Parlamento Europeo Metsola -, nessuna impunità. Evidente, dall'ostentata severità di queste dichiarazioni, la consapevolezza del rischio che il Qatargate possa minare alle fondamenta la credibilità dell'Istituzione. Inficiando anche battaglie di principio: oggi ad esempio il riconoscimento come genocidio dell'Holodomor. Prese di posizione che stonano con il quadro di miseria morale ipotizzato dai magistrati belgi. Dai media una raffica di indiscrezioni che pare stiano creando il caos nella “bolla” di Bruxelles e Strasburgo. Alcune fonti parlano di una sessantina di parlamentari europei nel mirino.
Il compagno della ormai ex vicepresidente Kaili, Francesco Giorgi, avrebbe confessato di aver fatto parte di un'organizzazione usata da Qatar e Marocco per condizionare i processi decisionali dell'UE. Pesanti ombre – in particolare - su alcuni esponenti del gruppo dei Socialisti e dei Democratici; voci anche di presunti contatti con l'intelligence di Rabat. Tranchant il commento della Premier italiana. “I contorni sono abbastanza devastanti – ha detto -. “In questi casi credo che conti molto la reazione, e la reazione deve essere ferma e decisa”.
Giorgia Meloni oggi a Bruxelles, per il suo primo Consiglio Europeo. Leader del Vecchio Continente a confronto su una pluralità di dossier riguardanti la crisi ucraina. Charles Michel si è detto fiducioso sulla possibilità di trovare un'intesa sul nono pacchetto di sanzioni a Mosca e sul piano di aiuti da 18 miliardi a Kiev. Accordo di principio – pare – su uno dei temi più spinosi: il tetto al prezzo del gas; ma resterebbe una diversità di vedute sulla soglia. Sul punto invece Zelensky è chiaro. “Il terrore energetico della Russia deve essere sconfitto”, ha rimarcato, intervenendo da remoto. Altrettanto cristallina la posizione di Putin, che oggi ha definito “folle” la politica europea sul price cap.
Cremlino concentrato piuttosto – in questa fase – sugli sviluppi bellici della crisi; perché dopo le umiliazioni subite nei mesi precedenti, vede la possibilità di una rivincita sul fronte più “politicamente sensibile”: quello del Donbass. L'obiettivo, nell'immediato, è Bakhmut; dove già infuriano combattimenti urbani, probabilmente con perdite abnormi da ambo le parti. L'eventuale caduta della città potrebbe innescare un effetto domino, e ridare slancio all'avanzata delle forze di Mosca verso i confini amministrativi del Donetsk. E' ciò che temono i decisori di Kiev; che dall'ammassamento di truppe ed armi vedono i prodromi di una nuova grande offensiva invernale russa.