Reporter senza Frontiere: nel 2020 uccisi 50 giornalisti, il 68% lontano dai conflitti
Reporter senza Frontiere ha reso noto il numero dei giornalisti uccisi nel 2020: sono 50, tre in meno rispetto all'anno precedente. La maggioranza di loro - quasi sette su dieci, il 68% del totale - sono morti lontani da zone di guerra. Il Messico è il Paese che ha registrato il maggior numero di morti (8), seguito da India (4), Pakistan (4), Filippine (3) e Honduras (3). L'organizzazione cita anche la morte di sette giornalisti che seguivano manifestazioni in Iraq, Nigeria e Colombia.
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Ben l'84% dei giornalisti uccisi nel 2020 è stato consapevolmente preso di mira e deliberatamente eliminato - ha osservato l'organizzazione - contro il 63% nel 2019. La percentuale di giornalisti uccisi nelle zone di guerra, intanto, continua a diminuire: dal 58% nel 2016 al 32% quest'anno. Si tratta di Paesi come la Siria e lo Yemen oppure di "aree afflitte da conflitti di bassa e media intensità", come l'Afghanistan e l'Iraq.
Alcuni giornalisti sono stati assassinati in modo "particolarmente barbaro" - prosegue Reporter senza Frontiere - come il messicano Julio Valdivia Rodriguez del quotidiano El Mundo de Veracruz trovato decapitato nell'est dello Stato, e il suo collega Victor Fernando Alvarez Chavez, direttore di un sito di notizie locale, fatto a pezzi ad Acapulco.
Quasi 20 giornalisti investigativi sono stati uccisi quest'anno: dieci indagavano su casi di corruzione locale e appropriazione indebita di fondi pubblici, quattro si occupavano di mafia e criminalità organizzata e tre scrivevano di temi legati alle questioni ambientali.
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