Non si ferma il conflitto in Sudan e così i governi occidentali – tra cui Usa, Gran Bretagna, Germania e Italia – corrono ai ripari. Subito le evacuazioni del personale diplomatico, ieri, e poi dei loro cittadini. “Tutti gli italiani che hanno voluto lasciare il Sudan lo hanno fatto, sono stati trasferiti a Gibuti – fa sapere il ministro degli Esteri Tajani – , nel Paese sono rimasti alcuni volontari di Emergency e alcuni missionari”. Si tratta di circa 150 persone, che “rientreranno in Italia, a Ciampino – aggiunge – con un volo dell'aeronautica militare verso le 18:30-19:00”. Alcuni italiani a bordo anche di un volo organizzato dalla Spagna, partito da Khartoum con oltre 100 passeggeri.
Sul fronte ucraino intanto prime mosse mosse verso l'attesa controffensiva primaverile: l'esercito di Zelensky allestisce postazioni sul lato orientale del fiume Dnipro, vicino alla città di Kherson. Infiltrazione come possibile input per cacciare le forze russe dall'area. Le truppe di Putin nel frattempo avanzano ancora nell'assediata Bakhmut, conquistando altri tre blocchi. E mentre si susseguono le sanzioni a Mosca, il G7 pensa a un blocco totale delle esportazioni verso il Paese. L'ex presidente russo Medvedev avverte: “La nostra risposta sarebbe la fine dell'accordo sul grano nel Mar Nero”. In base al patto, dallo scorso luglio sono 28 milioni le tonnellate di grano ucraino esportate.
Dalla parte del Cremlino, invece, sembra tendere la Cina. Dopo scivolone dell'ambasciatore a Parigi, che aveva messo in dubbio la sovranità dei Paesi ex sovietici, compresa l'Ucraina, arriva il Ministero degli Esteri del Dragone a correggere il tiro: “Pechino rispetta la loro sovranità”, assicura. Ma rimangono parole inaccettabili per Ue e Paesi Baltici, che convocano i rispettivi ambasciatori cinesi per “chiarimenti”.