Ucraina: aspra battaglia urbana a Bakhmut. A Kiev prevale la linea della difesa ad oltranza
Crescono intanto le tensioni tra Washington e Pechino; e si torna a parlare del dossier Nord Stream. Fu un gruppo pro-Ucraina – scrive il NYT, citando fonti americane – a sabotare i gasdotti
Continua a divorare vite, il fronte di Bakhmut. Fuorviante soffermarsi sulle cifre diffuse dai belligeranti: sempre focalizzate sui caduti del nemico, e inquinate dalla propaganda. Ma è proprio il rispettivo rateo di perdite - il più brutale degli indicatori - a determinare se la difesa ad oltranza di ciò che resta della città risponda ancora ad una logica militare. Zelensky non ha dubbi. “Nessuna parte dell'Ucraina – ha ribadito - può essere abbandonata”. Esigenze politiche, simboliche, sembrano dettare questa linea. Che stando a indiscrezioni avrebbe suscitato perplessità non solo oltreoceano, ma anche fra i vertici delle stesse forze armate di Kiev. Enormi i rischi; con una parte di Bakhmut già sotto controllo russo, e le ultime vie d'uscita bersagliate dall'artiglieria. Segnalati locali contrattacchi; più per tenere aperto l'ultimo corridoio verso ovest, probabilmente, che per tentare di ribaltare gli equilibri. Shoigu ragiona già in prospettiva. Puntuale, però, la frenata del leader del Gruppo Wagner, protagonista dell'assalto alla città. “Smettiamo di dire che abbiamo preso Bakhmut”, ha tuonato. Ma tutto ciò suona come un gioco di potere; il consueto tentativo di Prighozin di mettere all'incasso gli avanzamenti dei propri contractors, ponendo in cattiva luce il Ministro russo. Novità intanto su uno dei dossier più geopoliticamente esplosivi di questi tempi. Secondo il New York Times sarebbe stato un gruppo pro-Ucraina a sabotare i gasdotti Nord Stream, senza tuttavia il coinvolgimento dell'Esecutivo Zelensky. Versione certo non sgradita a Washington; dopo la controversa inchiesta del premio Pulitzer Seymour Hersh che chiamava direttamente sul banco degli imputati la stessa Casa Bianca. Un acceleratore di tensioni questa crisi. Nella sua prima apparizione pubblica dopo la nomina il Ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha accennato ad una “mano invisibile” che spinge per l'escalation del conflitto. Sembra palese, nelle sue parole, il riferimento all'America; e alla secca bocciatura, da parte di Biden, del piano di pace di Pechino. Qin ha allora messo in parallelo Ucraina e Taiwan; per sottolineare quello che a suo avviso è il doppio standard, della Potenza egemone, su questioni quali sovranità e forniture di armi. Ha poi ammonito come un confronto sarà inevitabile, se gli Stati Uniti continueranno ad “accelerare sulla strada sbagliata”.
[Banner_Google_ADS]