Rimane il giallo della mediazione vaticana. Nel volo di ritorno da Budapest, domenica scorsa, il Papa aveva annunciato una missione di pace riservata per l'Ucraina, ma né Mosca né Kiev ne sono a conoscenza. “Nessuna notizia al riguardo”, fanno sapere un funzionario vicino a Zelensky e il portavoce del Cremlino Peskov. Sul campo di battaglia continua la preparazione della controffensiva: “Possiamo vincere – assicura il presidente ucraino – e l'obiettivo è riprenderci tutte le regioni occupate”. Si parla del 20% del territorio. La guerra sembra destinata a continuare: lo conferma l'ennesima estensione della legge marziale e della mobilitazione generale approvata dal parlamento ucraino. Fondamentali saranno le munizioni, tallone d'Achille di Mosca.
Kiev invece può contare sull'appoggio dell'Ue, che annuncia il piano per aumentare la capacità di produzione ad almeno un milione di pezzo all'anno. Allo studio l'ipotesi di usare anche parte dei fondi del Pnrr. E con i combattimenti crescono anche i caduti e i feriti: “Oltre 100mila tra i soldati russi”, secondo Washington, che definisce “fallimentare la loro avanzata nel Donbass”. Il Cremlino smentisce: “Cifre prese assolutamente a casaccio”.
E rilancia: “I militari ucraini morti solo nell'ultimo mese sono 15mila”. Tra le aree contese c'è Zaporizhzhia, temporaneamente occupata dalle truppe di Zelensky: avvertite diverse esplosioni nel centro della città, che, secondo Kiev, i russi si stanno preparando a evacuare. Nel frattempo buone notizie arrivano dal Sudan: il capo dell'esercito al-Burhan e il leader delle forze paramilitari Dagalo hanno raggiunto un'intesa per una tregua di sette giorni a partire da giovedì.