È a tutti gli effetti zona di guerra, la grande centrale nucleare di Energodar. Controllata dai russi sin dalle prime fasi del conflitto, ma a tiro d'artiglieria; con il solo corso del fiume Dnipro a separare i belligeranti. Una vulnerabilità strutturale, insomma, di fronte alle quale l'AIEA pare impotente. Da qui la mesta constatazione di Rafael Grossi dopo la visita di ieri: l'impianto di Zaporizhzhia “non può essere protetto”. Ha fatto poi riferimento ai pesanti bombardamenti del 20 novembre scorso. Intenzionalmente o meno – ha sottolineato – i reattori sono stati colpiti. Il capo dell'Agenzia, per motivi comprensibili, continua a non esprimersi sulle responsabilità di questi attacchi. Sembra destino che alcuni dei dossier più scabrosi restino avvolti nella nebbia di guerra. Così – pare - è anche per il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream: uno dei fatti geopoliticamente più rilevanti di questa fase storica.
Respinta, nei giorni scorsi, dal Consiglio di Sicurezza ONU, una risoluzione avanzata da Mosca per sollecitare un'indagine internazionale. Astenuti la maggior parte dei Paesi membri. A favore solo Russia, Brasile e Cina. Proprio Pechino oggi si è detta pronta a “rafforzare ulteriormente la comunicazione ed il coordinamento strategici” con le forze armate russe. E ciò anche con l'organizzazione sistematica di “pattugliamenti marittimi ed aerei congiunti”. Dichiarazioni, quelle del Ministero della Difesa, che fanno seguito agli incontri fra Putin e Xi Jinping; e al rafforzamento delle relazioni in un'ottica multipolare. Massima attenzione alle parole, tuttavia; nessun riferimento, dai vertici della Repubblica Popolare, ad eventuali forniture militari alla Russia. Evidente la volontà di non incappare nella reazione sanzionatoria dell'Occidente. Specie in questa fase: imminente la visita dei vertici UE. Cremlino concentrato invece sulle operazioni militari. Secondo il Pentagono il Gruppo Wagner sta “subendo un'enorme quantità di perdite nell'area di Bakhmut”. Ma pur non riuscendo ancora a chiudere l'accerchiamento, pare prosegua la lenta avanzata delle truppe di Mosca nella città in rovina.
In queste ore infine l'arresto a Ekaterinburg di un reporter del Wall Street Journal. È accusato dalle autorità russe di spionaggio, con il rischio di una pesante pena detentiva. Profonda preoccupazione è stata espressa dai vertici del quotidiano; che “smentisce con veemenza” le accuse al giornalista, chiedendone l'immediato rilascio.