ESTERI

Ucraina: possibili nuovi equilibri sul campo, con l'approvazione del maxi-pacchetto di aiuti USA

Apparentemente bandita al momento la parola “Pace”, nel confronto fra Potenze. A Gaza intanto crescendo di tensioni per la paventata offensiva israeliana su Rafah

Sarebbe un errore considerare un segnale di de-escalation l'annunciato ritiro da Gaza della Brigata Nahal: era l'ultima rimasta nel sud della Striscia, dopo il recente disimpegno delle truppe di terra israeliane. In realtà potrebbe trattarsi del prologo del temuto redde rationem a Rafah. L'unità in questione – infatti – sarà sostituita da due brigate di riserva, nel controllo del corridoio che taglia in due l'exclave. E ciò – secondo i media - per potersi preparare all'offensiva di terra contro la città al confine con l'Egitto; bersagliata nelle ultime ore da nuovi raid aerei e ritenuta l'ultimo bastione dei gruppi armati.

Ma dove sono sfollati oltre 1 milione di palestinesi. Senonché pare resti un imperativo categorico, per l'Esecutivo Netanyahu, il ripristino con ogni mezzo del principio di deterrenza, dopo lo choc del 7 ottobre. Probabilmente velleitaria, allora, l'ultima proposta negoziale di Hamas: un cessate il fuoco di un anno in cambio della sospensione degli attacchi alle forze israeliane. I Paesi occidentali vicini allo Stato Ebraico USA in testa – insistono piuttosto sul rilascio immediato di tutti gli ostaggi. In parallelo, da Washington, il via libera a robusti flussi di materiale bellico, con la firma al maxi-pacchetto di aiuti agli alleati. Toni da “scontro di civiltà” nel discorso di Biden; riferimenti alla “leadership americana”, alla lotta ai “tiranni”.

Legge di spesa dall'ammontare monstre di 95 miliardi di dollari. Due terzi dei quali alla voce Ucraina. Allo stesso tempo la conferma alle indiscrezioni di un invio segreto a Kiev – già un mese fa – di missili a lungo raggio; capaci di colpire in profondità la logistica nemica. Il Cremlino ostenta sicurezza; sostenendo come ciò non possa cambiare le sorti del conflitto. Sul campo però – invece della consueta tattica del logoramento - un'accelerazione della spinta offensiva nel Donbass, dopo la presa di Avidiivka; forse per massimizzare l'attuale situazione di vantaggio, prima dell'arrivo delle forniture statunitensi. In queste ore anche l'annuncio di una visita di Putin in Cina il mese prossimo.

Lo schema ormai è quello di un confronto tra blocchi; con un sempre maggiore coinvolgimento dell'Europa. Macron ha invocato oggi un “cambio di passo sulla difesa”. Nelle stesse ore Lukashenko parlava dello schieramento di “diverse decine” di testate nucleari russe nel territorio del proprio Paese. Alla luce di simili premesse pare destinato a cadere nel vuoto l'appello del Papa: “una pace negoziata – ha detto - è meglio di una guerra senza fine”.

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