Il Sudan come paradigma del caos che avviluppa ampie porzioni del Continente africano. Già si contano a centinaia le vittime civili dopo il tentato golpe: sfociato in un confronto a tutto campo tra esercito e paramilitari. Al collasso il già fragile sistema sanitario. Teoricamente in corso – fino al pomeriggio – una tregua umanitaria di 24 ore; quasi del tutto ignorata, però, quella precedente. Tutto ciò mentre prosegue il massiccio esodo da Khartoum. Rimpatriati, pare, dalle Forze di supporto rapido del signore della guerra Dagalo, un gruppo di militari egiziani rimasti bloccati in una base aerea a nord della Capitale. Prima dell'escalation erano infatti in corso esercitazioni congiunte; alla luce delle tensioni determinate dalla costruzione da parte dell'Etiopia di una gigantesca diga su un affluente del Nilo. Concreto il rischio di un allargamento del conflitto; visti anche gli interessi in ballo di potenze regionali e globali. Come la Russia, che stava negoziando per la realizzazione di una base della marina militare a Port Sudan. Il capo della Wagner smentisce intanto il coinvolgimento dei suoi contractor nella guerra civile.
È piuttosto Bakhmut, l'epicentro delle ambizioni – anche politiche - di Prigozhin. Sempre più ristretto il perimetro difeso dalle forze ucraine, nella parte occidentale città; ma un improvviso contrattacco potrebbe ribaltare gli equilibri in questa fase. Caratterizzata per il resto da un sostanziale stallo sugli altri fronti, in attesa dell'annunciata offensiva di Kiev. Dove oggi si è recato in visita il Segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg. Non si è fatta attendere la reazione del Cremlino; che ritiene una minaccia esiziale, per la propria sicurezza, l'eventuale ingresso nella NATO dell'Ucraina. Le cui esportazioni di prodotti agricoli stanno mettendo a dura prova le filiere dei Paesi dell'Europa centro-orientale. Una sorta di effetto domino. Oggi è la volta della Romania, che ha chiesto a Kiev soluzioni per limitare l'export di grano e semi di girasole e colza. La Commissione UE ribadisce il proprio “no” a misure unilaterali; sostenendo come sia la Russia a trarre vantaggio da queste tensioni.