Resta l'Indopacifico l'epicentro del confronto fra le ambizioni della Repubblica Popolare e l'azione di contenimento degli Stati Uniti: determinati a conservare una posizione egemonica nel più strategico dei quadranti. Lo dimostrano le esercitazioni militari al via oggi in tandem con le Filippine; mai così massicce. Un monito alle velleità di Pechino nella Regione. Che fa seguito alla 3 giorni di manovre della Repubblica Popolare nello Stretto di Taiwan. Prove tecniche di blocco marittimo, diretta conseguenza dell'incontro fra la Presidente di Taipei e lo Speaker americano della Camera: vissuto dalle autorità cinesi come l'ennesima sfida alla propria sovranità. Segnalati nelle scorse ore nuovi jet e navi da guerra intorno all'Isola.
Braccio di ferro potenzialmente molto pericoloso, nel quale Washington pare voglia coinvolgere i partner europei. Da qui l'insistere, da parte di Macron – reduce dai colloqui con Xi -, sulla “autonomia strategica” dell'UE; un “no” fermo ad un vassallaggio nei confronti dell'America, nella convinzione che un'accelerazione della crisi su Taiwan non sia nell'interesse del Vecchio Continente. Nell'attuale quadro di confronto fra blocchi il Presidente francese pare l'unico leader europeo ad esporsi su simili posizioni: non allineate, rispetto all'”ortodossia” euro-atlantica. Quanto alla crisi ucraina ha riconosciuto come non sia ancora “il momento delle trattative”; “anche se le prepariamo”, ha aggiunto.
Ma per il Cremlino Parigi è troppo “coinvolta” nel conflitto, per rivendicare il ruolo di mediatrice. Esclusa al momento ogni ipotesi di cessate il fuoco. Piuttosto un'escalation, anche dialettica. Il Ministro ucraino Reznikov ha paventato nuovi attacchi alla flotta russa del Mar Nero, ricordando l'affondamento del Moskva. E mentre a Bakhmut prosegue la lenta e sanguinosa avanzata delle forze russe, continua a far rumore la fuga di presunti documenti statunitensi classificati. Kiev esclude cambiamenti nei propri piani militari, e continua a preparare la più volte annunciata controffensiva.