Oggi, 26 dicembre, l’Asia intera ricorda il devastante tsunami che vent’anni fa, il giorno di Santo Stefano 2004, colpì le coste di 14 Paesi attorno all’Oceano Indiano, uccidendo oltre 220.000 persone e lasciando dietro di sé un’impronta indelebile nella storia dell’umanità. L’evento fu innescato da un terremoto di magnitudo 9,1 al largo della costa occidentale di Sumatra, in Indonesia. Si trattò del terzo sisma più potente mai registrato, dopo quelli in Cile nel 1960 e in Alaska nel 1964. L’enorme energia rilasciata generò onde che raggiunsero gli 800 chilometri orari e altezze fino a 30 metri, devastando le coste di Indonesia, Sri Lanka, India, Thailandia e altri Paesi, arrivando fino alla Somalia.
Le vittime e i luoghi colpiti
Secondo il database Em-Dat, il bilancio finale fu di 226.408 morti. La zona più colpita fu la provincia indonesiana di Aceh, dove persero la vita più di 120.000 persone su un totale di 165.708 in Indonesia. Lo Sri Lanka registrò oltre 35.000 vittime, mentre in Thailandia morirono più di 5.000 persone, metà delle quali turisti stranieri venuti a festeggiare il Natale. Le onde raggiunsero anche l’Africa, causando 300 morti in Somalia e oltre 100 alle Maldive.
Le commemorazioni in Asia
Le cerimonie di oggi hanno avuto inizio nella provincia indonesiana di Aceh, dove la Grande moschea di Baiturrahman ha suonato una sirena di tre minuti al momento esatto del disastro, seguita da preghiere islamiche. Preghiere e commemorazioni si sono tenute anche nelle altre aree colpite, con veglie sulle spiagge, luoghi simbolici dove molte vite furono spezzate. In Thailandia, nel villaggio di Ban Nam Khem, il più colpito del Paese, si sono radunate persone in lacrime per ricordare le oltre 5.000 vittime, tra cui numerosi turisti stranieri. In Sri Lanka, i familiari delle vittime e i sopravvissuti hanno partecipato a una cerimonia a bordo del treno Ocean Queen Express, diretto a Peraliya, il luogo in cui circa 1.000 persone morirono quando le onde travolsero le carrozze. Su tutta l’isola si sono svolti riti religiosi di diverse fedi: buddista, induista, cristiana e musulmana.
Un’eredità di consapevolezza e prevenzione
Il 26 dicembre 2004 segnò un punto di svolta nella gestione dei disastri naturali. All’epoca non esisteva un sistema di allerta per tsunami nell’Oceano Indiano, un’assenza che aggravò il bilancio delle vittime. Da allora, sono stati installati circa 1.400 rilevatori in tutto il mondo, che oggi consentono di diramare avvisi entro pochi minuti dalla formazione di uno tsunami. "Abbiamo fatto passi avanti nella tecnologia, ma resta cruciale sensibilizzare le comunità a rischio", ha dichiarato Alessandro Amato, direttore del Centro Tsunami dell’Ingv. In Italia, per esempio, il sistema It-Alert è pronto per essere utilizzato dal 2024 per inviare avvisi direttamente sui telefoni cellulari.