Prima un hype mediatico poderoso, poi la disillusione; suonano infine come un epitaffio le parole del Segretario del Consiglio di sicurezza Danilov, riguardo la controffensiva ucraina. “Le speranze non si sono avverate”. Sono i russi, con l'arrivo dell'inverno, a spingere; specie ad Avdiivka - a rischio accerchiamento –, e nel settore di Bakhmut: toponimo simbolo degli orrori della guerra. Rivendicate avanzate anche nella regione di Zaporizhzhia. Nessuna manovra di ampio respiro, però, ma sanguinosi scontri di fanteria; sotto la costante minaccia dei droni. Situazione prossima allo stallo; senonché Mosca è convinta che il tempo giochi a proprio favore. Consapevole del rischio Zelensky; da Washington appelli carichi di pathos: “siamo l'ultima frontiera a est”.
E critiche al Congresso americano, dove nei giorni scorsi si era arenato il disegno di legge della Casa Bianca con uno stanziamento da oltre 60 miliardi di dollari per Kiev; con l'ala repubblicana all'attacco sulle politiche migratorie. Da qui l'importanza, oggi, degli incontri a Capitol Hill, in particolare il faccia a faccia con lo speaker della Camera Mike Johnson: de facto uomo chiave, in questa fase. A seguire il momento culminante, a livello simbolico: il colloquio con Joe Biden. Infragilito da un imminente voto per l'impeachment, e da sondaggi impietosi; resta tuttavia il riferimento principale per Zelensky: reduce da un viaggio in Argentina per la cerimonia di insediamento di Milei.
L'abbraccio ad un personaggio così controverso, pare la fotografia del difficile momento del leader ucraino: alla costante ricerca di alleati per sostenere lo sforzo bellico. Turbolenze anche sul fronte interno, dopo le dure prese di posizione del Sindaco della Capitale Klitschko e le voci di dissidi con un personaggio molto popolare come il generale Zaluzhny. Ad agitare la leadership anche lo scetticismo che da tempo pare serpeggiare nel Vecchio Continente; al netto delle dichiarazioni di oggi del neo-Premier polacco Tusk. Nella settimana del vertice UE – con all'ordine del giorno l'apertura dei negoziati di adesione – la doccia gelata del “no” austriaco alla procedura rapida per l'Ucraina. Che fa il paio con il veto già annunciato dall'Ungheria. Ormai una chimera, insomma, la richiesta unanimità. A completare il quadro in queste ore l'attacco hacker alla principale società ucraina di telecomunicazioni; si è subito parlato di atto di guerra da parte della Russia. Nel mirino anche una delle maggiori banche del Paese.