Approvate le riforme istituzionali
48, per la precisione, ne ha ottenuti la prima, relativa alla revisione della dichiarazione dei diritti, 43 la seconda, sul Congresso di Stato. Un risultato che conferma la ritrovata coesione all’interno della coalizione di maggioranza, che nei giorni precedenti sembrava invece lontana, frutto di un lavoro di mediazione portato avanti dalle due delegazioni. Il voto delle leggi di riforma istituzionale costituisce un banco di prova per la tenuta della maggioranza, in questo ultimo scorcio di legislatura, ulteriormente caricato di aspettative dopo gli scontri anche in aula dei giorni scorsi. Le opposizioni contestano la portata degli interventi legislativi, in particolare Alleanza Popolare e Sinistra Unita, che non ne condividono l’impostazione generale e ritengono alcuni passaggi un passo indietro rispetto a quanto stabilito ai tavoli di confronto. Critiche le minoranze sul contenuto ma anche sul metodo adottato, lamentano infatti il mancato coinvolgimento delle forze di opposizione nella stesura dei testi legislativi. Le nuove leggi sul Congresso di Stato introducono, in sintesi, il principio dell’incompatibilità fra il ruolo di Segretario di Stato e quello di Consigliere. Assunto cioè l’incarico in Congresso di Stato dovrà rinunciare al mandato parlamentare, lasciando il proprio scranno al primo dei non eletti. Un punto – è stato fatto rilevare – che aumenta l’autonomia del Consiglio Grande e Generale dal Governo e sancisce una separazione più netta fra potere legislativo ed esecutivo. Introdotta anche la responsabilità individuale dei Segretari di Stato, che potranno essere chiamati a rispondere non solo collegialmente ma anche personalmente degli atti compiuti.
Altro punto di novità: la previsione della mozione di sfiducia, che potrà essere presentata sia nei confronti del Governo che di un singolo Segretario di Stato. Sarà sufficiente la presentazione della richiesta da parte di 12 consiglieri per mettere ai voti la mozione e decidere sull’accoglimento o meno della sfiducia. Si è discusso anche della possibilità di partecipazione al Governo dei tecnici. Un emendamento presentato dai Consiglieri Pasquale Valentini e Maria Luisa Berti della DC, e accolto dall’aula, ha fissato il quorum dei due terzi del Consiglio Grande e Generale per la nomina dei Segretari di Stato esterni, che non potranno comunque esser in misura superiore a 3.
Affrontato anche il nodo della Reggenza, della sua presenza o meno in Congresso di Stato. Argomento sul quale le divergenze erano piuttosto marcate, non solo fra maggioranza e opposizioni ma anche nella coalizione. Dubbi dissolti con l’emendamento presentato dal Governo e approvato, con il quale si è fissato il ruolo di coordinamento del Congresso di Stato da parte della reggenza, che resterà dunque al suo posto, all’interno dell’esecutivo, senza prevedere una sua ventilata uscita in alcune occasioni. Un tema che sarà ripreso più tardi, in occasione della discussione del terzo provvedimento costituzionale, incentrato proprio sui Capitani Reggenti.