Il Partito Socialista Riformista ha preso ufficialmente vita ieri sera, a Borgo Maggiore. Alla platea gli 8 consiglieri ex Psd hanno illustrato il manifesto politico della nuova forza, indicato programmi ed obiettivi, spiegato le ragioni di una scelta. “Un cammino che riprende” lo ha definito Simone Celli riferendosi al movimento socialista cui si è detto orgoglioso di appartenere, facendo cenno alla conquiste sociali di inizio secolo, come l’Arengo del 1906. “Oggi – gli ha fatto eco poco dopo Silvia Cecchetti - mi sento di essere tornata a casa”. Il loro progetto politico sarà improntato a quella che hanno definito la politica del fare, la loro collocazione, più di uno lo ha rimarcato, nei banchi dell’opposizione. Sì, perché questa – hanno detto – non è una manovra per andare al governo. Un governo a cui non risparmiano critiche: lo ritengono inadeguato e incapace di dare le risposte che il Paese si aspetta, assicurano di volerlo incalzare con una opposizione dura ma anche costruttiva, “negli interessi – dichiarano – del Paese”. Guardano avanti, alle scelte del futuro, ma non tralasciano di voltare lo sguardo critico sulle vicende che hanno segnato il Psd. “Un amalgama mal riuscito” lo etichetta Celli che snocciola quelli che considera gli errori che ne hanno segnato l’azione politica, a partire dalla mancata apertura agli europopolari nella precedente maggioranza. Un partito condizionato – affermano – da Alleanza Popolare e da Sinistra Unita. Sono molto critici anche sulla coalizione Riforme e Libertà, che considerano insufficiente, un progetto perdente. Si propongono come cerniera tra due aree politiche: quella moderata e quella riformista. Dal loro incontro – dichiarano – dovrà nascere un centro sinistra capace di portare avanti le riforme che il Paese attende da tempo
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